Caro Diario, me la ricordo ancora la prima volta che l’ho incontrato, nella bottega sotto casa, a Castel San Giorgio, in provincia di Salerno. Era l’inizio del 2011, e Gennaro Cibelli – che conosci lui e capisci in che senso e perché Figaro è il factotum della città – aveva insistito molto perché io e Alessio Strazzullo conoscessimo questo ebanista di quasi 90 anni. «Vincenzo – mi aveva ripetuto più volte nei giorni precedenti il nostro arrivo – dovete partire da lui non solo per le bellissime cose che fa ma anche per capire quanto è profonda e radicata la cultura del lavoro nella nostra zona». Gennaro aveva ragione. E con lui aveva ragione il prof. Francesco Di Pace, che qualche mese prima, nel corso della presentazione di un libro a Siano, a pochi chilometri da Castel San Giorgio, aveva ricordato gli anni in cui gli artigiani della zona erano soliti apporre fuori alle loro botteghe il cartello con su scritto «Ciò che va quasi bene non va bene. Pane e lavoro».
Ma torniamo al nostro incontro in bottega. Entrammo, e io e Alessio ci sentimmo come Jane e Micael Banks dopo che sono saltati nel disegno insieme a Bart e Mary Poppins, solo che al posto dei prati, dei laghetti e della giostra c’erano i trucioli, i legni, i disegni, gli attrezzi di lavoro, le macchine. E lui naturalmente, Mastro Antonio Zambrano, con la sua gioia per la nostra visita, la sua gentilezza nel rispondere alle nostre mille domande e curiosità, la fierezza con cui ci ha raccontato che lui lavorava da quando aveva 14 anni, per un breve periodo come sarto e poi subito in falegnameria, che era quello che gli piaceva fare. «Appena ho saputo e potuto farlo – aveva aggiunto – i miei attrezzi di lavoro ho cominciato a farmeli da solo, perché vengono più precisi, si lavora meglio, le cose che faccio vengono più belle».
Insomma amico Diario a Mastro Antonio è bastato un incontro per entrare nelle nostre vite, cosicché da allora ogni volta che passiamo per Castel San Giorgio andiamo a fargli visita, a bere un bicchierino di limoncello o un caffè preparato dalla signora Anna, sua moglie. E devo dire che anche lui non manca mai a un’iniziativa che Gennaro organizza, che so, la presentazione di un libro o La notte del lavoro narrato il 30 Aprile.
E non ti ho detto ancora la cosa più bella caro Diario, che è stato Mastro Antonio che ha dato a me e Alessio l’idea del film documentario La tela e il ciliegio, di cui è naturalmente il protagonista insieme a Jacopo Mele, che pure lui è stato una scoperta meravigliosa, ma di questo ti racconto un’altra volta.
Perché poi Alessio il film documentario lo ha fatto davvero, con l’aiuto di due straordinari professionisti, Alessandro Germanò, direttore della fotografia, e Paolo Petrella, autore della colonna sonora, che anche le loro storie prima o poi le racconto, perché sono belle, ricche di talento e di generosità.
Tornando a Mastro Antonio, ogni volta che ci vediamo è una festa. Una festa di amicizia innanzitutto, ma anche una festa di saggezza, la saggezza di un uomo di 93 anni che con il suo lavoro e la sua vita ha ispirato più volte anche i miei piccoli racconti. Cose come «nel mio lavoro non si può andare di fretta, la mano deve procedere con calma, piano piano, a passo di formica, altrimenti non viene bene.» O come «quando fai una cosa concentrati su quello che devi fare, perché nel lavoro tutto è facile e niente è facile, è questione di applicazione, dove tieni la mano devi tenere la testa, dove tieni la testa devi tenere il cuore, altrimenti non diventerai mai un bravo artigiano.» E poi ci stanno le storie di vita, anche quelle impagabili per la loro semplicità e grandezza, come quella volta che mi ha detto «professò, l’altro giorno ho fatto questioni con mia moglie, dice che sono impossibile perché anche il giorno di Capodanno scendo a fare qualche lavoretto giù in falegnameria», e allora io gli ho sorriso e gli ho detto «mastro Antonio, forse vostra moglie non ha torto, almeno in certi giorni di festa lei avrebbe piacere che vi metteste il vestito buono e andaste a fare una passeggiata con lei» e lui mi ha guardato con i suoi occhi belli dritti nei miei e mi ha detto «lo so, poi io ce la porto a fare la passeggiata, però in bottega devo scendere. Professò, io se non ci scendo tutti i giorni muoio.»
P.S. del 24 Novembre 2016
«Finalmente è arrivata»: quando ho letto in chat il messaggio di Gennaro Cibelli ho capito subito di cosa si trattava, e così gli ho scritto chiedendogli di mandarmela. La vedete nella foto, è la nomina di Mastro Antonio Zambrano di Cavaliere dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana”, me la sono guardata e riguardata, contento come un bambino a cui hanno appena dato un pacchetto pieno pieno di cioccolatini. Prima di Natale di sicuro vado a trovarlo, per gli auguri e per fare quattro chiacchiere, e quest’anno sarà ancora più bello, perché di certo Gennaro lo sa – che lui si è prodigato tanto e ha seguito con pazienza infinita tutto l’iter burocratico – ma di certo non lo sanno tutti che stavolta questo riconoscimento è stato dato a una delle persone più degne e meritevoli che può vantare la nostra bella Italia. Se siete arrivate/i fin qui un po’ della storia di Mastro Antonio l’avete letta già, spero abbiate guardato anche il film La tela e il ciliegio, se non l’avete fatto fatelo che vi assicuro non ve ne pentirete. Se non ricordo male Mastro Antonio a Dicembre compirà 94 anni, devo dire a Gennaro che dobbiamo organizzare una bella festa, non per forza il giorno del suo compleanno, lo diciamo anche ad Alessio Strazzullo e Jacopo Guedado Mele, che di certo saranno anche loro felici di festeggiarlo.