Quando gli ho detto che avrei voluto raccontarlo qui mi ha chiesto «e perché?», poi ha aggiunto «io sono una persona normale, non penso che la mia storia possa essere raccontata; certo, mi fa piacere quando il mio lavoro viene apprezzato, ma che io lo debba fare bene è normale, fa parte dei doveri di chi lavora, soprattutto quando fai un lavoro come il mio, sempre a contatto con le persone, se non lo fai come si deve è meglio che cambi mestiere».
Volete sapere allora cosa ho fatto io? Prima ho sorriso e poi gli ho detto che a me piace raccontare proprio le persone normali come lui; che penso – anzi no, sono convinto -, che sono proprio loro quelle portano avanti l’Italia; che raccontando il suo lavoro vorrei raccontare anche il lavoro di tutti quelli che consentono a chi sta in vacanza di stare bene, ce ne stanno tanti qui all’Hotel Capo Skino, dalla reception all’animazione, da Santina, la signora che ogni giorno ci tiene a posto la camera a Saro che con il pulmino va su e giù per portare grandi e piccini al mare. Ecco, a questo punto è toccato a lui sorridere, poi mi ha detto che voleva pensarci ancora un po’ e solo alla fine del pranzo, quando è tornato con le nostre due palline di gelato, solo limone per me, limone e fragola per Cinzia, mi ha detto «va bene, proviamo, ci vediamo domani alle 15.00, ci facciamo una chiacchierata e poi vediamo».
Non vi ho detto ancora che lui è Marcello Siligato, che ha 53 anni e che nella sua vita il lavoro finisce di essere una parola e diventa una cosa concreta circa 40 anni fa, appena finita la terza media. Il padre è operaio – custode – factotum di un albergo di Filicudi e come ogni anno lui, la mamma e i fratelli lasciano la loro cittadina, Gioiosa Marea, e lo raggiungono lì.
«Vincenzo, la nostra era una famiglia operaia, con tutte le difficoltà associate a questa condizione, e dunque bisognava dare una mano. Pensa che quando ho cominciato non raggiungevo il lavandino e così per lavare i bicchieri salivo sulla cassetta dell’acqua minerale. Finita la stagione estiva si tornava a Gioiosa Marea e a scuola, finita la scuola si tornava a lavorare.»
Nel 1978, all’età di 16 anni, Marcello si iscrive al collocamento e vive la sua prima stagione estiva ufficiale in un importante villaggio vacanze della sua città, con la mansione di dispensiere, incaricato cioè di distribuire acqua e vino ai clienti. L’anno successivo comincia a lavorare in sala come cameriere e naturalmente continua ad andare a scuola fino a che non consegue il diploma di perito tecnico meccanico.
Dopo il diploma Marcello comincia ad affiancare alla stagione estiva al mare quella invernale in montagna, negli alberghi di Canazei, di Passo del Tonale, di Marilleva Mezzana e di tanti altre località turistiche, quasi sempre del Trentino.
Nel 1990 viene promosso sul campo e diventa Maître di sala. Mi dice proprio così, promosso sul campo, e poi aggiunge che la qualifica formale di responsabile di sala non ce l’ha, e che è giusto che io lo sappia, e poi sorride, di un sorriso che per metà profuma di sincerità – quelli come Marcello ce l’hanno nel sangue che a ciascuno spetta il suo -, e per l’altra metà di orgoglio, perché anche in questo mondo qui nessuno ti regala niente e il suo ruolo lui se l’è guadagnato con le sue capacità e il suo impegno.
Fino al 1994 fa il Maître di sala – d’estate nella sua Gioiosa Marea, d’inverno negli alberghi del Trentino -, poi la svolta: insieme a una ventina di compagni di lavoro decide di mettere su una cooperativa e di prendere in gestione l’Hotel Capo Skino.
«Vincenzo, nel momento in cui l’abbiamo rilevato questo complesso era malridotto come una barca arenata, i vecchi proprietari erano per l’appunto vecchi e l’avevano un po’ abbandonato. Con il nostro lavoro abbiamo rimesso in piedi la struttura, abbiamo vissuto del nostro lavoro e abbiamo anche investito, ammodernato, aggiustato, d’inverno non siamo andati più a lavorare al Nord, abbiamo cominciato a organizzare eventi, feste e tante altre cose e così fino al 2005 siamo riusciti a gestire in proprio questo complesso, che poi è stato venduto ai nuovi proprietari ed è diventato l’Hotel Capo Skino che vedi adesso, questa bella struttura dove hai scelto di trascorrere la tua settimana di vacanza. Dei componenti la cooperativa io sono l’unico rimasto a lavorare qui – sempre come responsabile di sala -, ma la maggior parte dei miei compagni di avventura continua a lavorare nel campo della ristorazione.»
E il diploma di tecnico meccanico? Sta a casa, appeso in bella mostra. Marcello non nasconde che a volte ci pensa al suo diploma, al fatto che forse avrebbe potuto prendere un’altra strada, perché è umano ogni tanto ripensare alle cose della vita e alle scelte che hai fatto e perché il lavoro che fa richiede molti sacrifici, però poi lo guardi mentre lavora, sorridente, disponibile, paziente, e capisci da te che questa è la sua vita.
«Questo lavoro è fatto di tanta fatica ma anche di tante soddisfazioni, incontri molta gente diversa, in alcuni casi vedi le persone crescere, li vedi la prima volta che hanno 6 anni e poi ti arrivano che ne hanno quasi 30 e tre figli. E poi è bello lavorare in un posto di vacanza, il clima è comunque positivo, c’è allegria, non è come lavorare in un ospedale o in un carcere, che anche quello è un lavoro dignitoso, importante, però come ambiente è tutta un’altra storia.»
Si ferma come ad aspettare la mia prossima domanda, ma in realtà non sta fermo, segue con occhio vigile il lavoro dei camerieri che stanno preparando i tavoli per la sera. A Napoli si dice «Cu ‘n’uocchio guarda ‘a gatta e cu n’ato frije ‘o pesce», ecco, sempre con il sorriso, ma lui funziona proprio così, del resto la giornata è lunga e bisogna che tutte le cose funzionino come si deve. La mattina l’arrivo è alle 7.00 che bisogna preparare per le colazioni, alle 9.30 stacca e ritorna a mezzogiorno per il pranzo, 190 – 200 coperti trattamento hotel con menù specifico. Alle 15.00 di nuovo via, il ritorno alle 19.00 che alle 20.00 inizia la cena. Alle 22 si finisce.
«Naturalmente questi sono i miei orari, tutti gli altri fanno i loro turni regolari, che per fortuna – o per meglio dire grazie alle conquiste che abbiamo fatto con il sindacato anche se da un po’ di tempo stiamo tornando indietro -, un po’ di cose sono cambiate in meglio. Se ti devo dire la cosa che oggi proprio non funziona in Italia ti dico il mancato ricambio generazionale: se noi siamo costretti a lavorare fino a 70 anni per i giovani non ci sarà mai spazio, e così il paese invecchia, specialmente i laureati non trovano lo spazio che meritano, e questo non va bene. Vedi, io ho come ti ho detto ho lavorato sempre – ricordo che da giovane prima del servizio serale al villaggio qui a Gioiosa Marea io e un mio amico uscivamo dalle 17.00 alle 18.00 in spiaggia muniti di termos e vassoio e vendevamo granite e brioche – però posso dire con orgoglio che mi sono fatto tutto da solo, che mi sono comprato con il mio lavoro e i miei sacrifici la macchina, il motorino, la casa, perché mio padre più che vestimi e darmi da mangiare non poteva fare. Ecco, io penso che questo per una persona sia importante, perché il lavoro non è solo fatica, è anche autonomia, dignità, rispetto, gratificazione, e io credo che un paese come l’Italia non possa e non debba negare tutto questo ai propri cittadini più giovani.»
Ecco, questo è Marcello. Cosa posso aggiungere ancora? Che ama il teatro, che quando può gli piace recitare, che per un certo periodo ha fatto parte di una compagnia di cabaret, che ancora adesso nei mesi invernali – che d’estate proprio non può -, ogni tanto lo chiamano per qualche piccola parte in una commedia o in un lavoro teatrale. E poi lo sport – come tutti, dice -, il calcio, il tennis, che prima praticava e adesso segue soprattutto come spettatore.
«Si, mi piace in particolare il calcio. Sono milanista, come Bertinotti.»