Una giornata che comincia alle 6:20 a.m. del 30 Aprile e finisce alle 1:03 a.m. del Primo Maggio è difficile da raccontare in un post. Se poi in quella giornata in Italia, in Europa e persino a Burlington, nel North Carolina, sono successe così tante cose che ci potresti scrivere un romanzo, il difficile diventa impossibile, o quasi. Quasi perché per fortuna internet c’è, e perciò se volete farvi un’idea, e contribuire con le vostre, di idee, potete fare un salto sul nostro «muro», sulla pagina del gruppo o sul post nel quale ho cercato di sintetizzare il senso della nostra notte.
In un post posso invece raccontare due cose due che sono capitate ieri per genio e per caso a InOutLab, il quartier generale dove anche quest’anno insieme a Giuseppe Jepis Rivello e Antonio Torre abbiamo provato a creare il frame, il contesto, per le mille e mille narrazioni che rappresentano il daimon, la streppegna, l’anima de La Notte del Lavoro Narrato.
La prima ha per protagonista Michele Croccia, maestro pizzaiolo che ho raccontato un po’ di tempo fa qui, che intorno a mezzanotte si è presentato con una decina di pizze – che nel frattempo la squadra si era rafforzata con Rossella Torre, Antonio Fiscina, Cinzia Massa, Pierpaolo Salamone, Antonio Pellegrino, Michele Soria e Lorenzo Pellegrino -, e una composizione di meravigliosi struffoli a forma di hashtag – li potete vedere nella foto -, accompagnati da queste parole: «scusate se sono arrivato così tardi, ma per fortuna ho avuto molto da lavorare. Però qualcosa dovevo portare, voi state lavorando anche per noi che crediamo nell’importanza del lavoro fatto bene, non vi potevo far andare a dormire senza neanche una pizza.»
La seconda ha per protagonista il Barbiere De Giulio.
Erano da poco passate le 7:00 p.m., avevamo appena finito di seguire la diretta #lavoronarrato su Caterpillar quando ho chiesto a Jepis se mi accompagnava a fare due passi prima dell’inizio ufficiale della nostra notte. Mi ha risposto «andiamo a trovare Mario, sarà contento, ha organizzato anche lui un piccolo evento nel suo salone, si è fatto fare la locandina, ha invitato un amico chitarrista, e poi ci saranno altri amici che racconteranno le loro storie».
«Giuseppe, in un quarto d’ora dobbiamo andare e tornare.»
«Vincé, in un quarto d’ora andiamo e torniamo.»
Il volto del Barbiere De Giulio appena ci ha visto non si è illuminato, di più.
«Professore – mi ha detto -, che fortuna, vi volevo far conoscere Michele, avevo piacere che parlasse un poco con voi.»
Ho sorriso, e mentre salutavo Michele ho detto a Mario che ero onorato ma sarebbe stato per un’altra volta, che adesso non c’era tempo, ero passato solo per salutarlo.
Nel frattempo è arrivato il chitarrista, un’ora e mezza prima del previsto. Mentre noi discutavamo lui ha tolto la chitarra dal fodero, la ha accordata, e ha cominciato ad arpeggiare. A questo punto Jepis ha tirato fuori dalla tasca il telefonino e ha preso a riprendere la scena.
Non so spiegare bene come è successo, ma con Michele dai convenevoli siamo passati ai contenuti, e insomma quello che ne è venuto fuori lo potete vedere nel video.
Siamo ritornati a InOutLab dopo 35 minuti, e io mi sono un poco arrabbiato con me stesso.
Come dite? Perché abbiamo fatto tardi? Niente affatto.
Perché ho messo troppa fretta a Jepis e così non abbiamo registrato la parte in cui Michele diceva di quando aveva 12 anni e studiava di notte perché di giorno il papà non gli permetteva di farlo, c’era il lavoro nei campi che lo aspettavo e non si poteva perdere tempo con i libri.
Non lo so l’effetto che Michele farà a voi, a me ha fatto quello di un uomo semplice, straordinariamente colto, fuori dal normale, con il quale se avessi potuto sarei stato a chiacchierare per tutta la notte e anche il giorno dopo.
A proposito di giorno dopo, ancora stamattina, quando mi sono svegliato, ho continuato a pensare alla bellezza di Michele e alla magia di #Cip che me l’ha fatto incontrare. Si, magia mi sembra la parola giusta, la magia di una notte di #lavoronarrato.