Colomba e la scuola che innova

Nella discussione che si sta sviluppando su queste pagine intorno al tema innovazione – lavoro ben fatto – tecnologie – cambiamento,  arriva questo intervento di Colomba Punzo che tocca un nodo – quello dell’innovazione nella scuola – che è davvero difficile non considerare decisivo per il futuro del nostro Paese.
Il mio auspicio è che le sue riflessioni possano diventare il punto di partenza per una discussione più ampia intorno a questo tema.
Buona partecipazione.

«Caro Vincenzo,
ho riflettuto con calma sul come contribuire alla discussione che hai lanciato sul lavoro ben fatto, ma alla fine mi sono detta che la cosa migliore che potevo fare era inviarti una edizione quasi integrale del mio intervento a RNext14 nel corso del quale come ti ricorderai mi sono chiesta che significa fare innovazione (quella vera, quella che crea cultura, produce lavoro, migliora il presente e il futuro) nella scuola, un mondo che come sai conosco bene, cercando di ragionare non tanto di come si possa innovare la scuola quanto di come possa la scuola contribuire a formare innovatori.
Personalmente rimango convinta che  innovare non significa solo trovare l’idea giusta prima degli altri o inventare qualcosa che ancora non c’è, ma significa anche essere capaci di ascoltare, di rispondere ad un bisogno, significa avere il coraggio di affermare valori vecchi e nuovi che appaiono traditi dalle logiche del profitto e del successo ad ogni costo.
Penso che bisogna avere il coraggio di dire che la novità non è innovazione e che l’innovazione non è quasi mai figlia dell’atto creativo di un momento, che ha quasi sempre una storia che la produce ed una storia che l’accompagna, la diffonde e la consolida.
Perché si, gli innovatori talvolta sono uomini e donne eroici, coraggiosi e anche un po’ incoscienti, ma ci sono anche innovatori silenziosi, un po’ nascosti che le innovazioni le praticano, le sostengono, le divulgano, le fanno vivere.
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Lavoro nella scuola ormai da 30 anni e ho visto molte novità ma non sempre innovazioni.
Ho iniziato a lavorare nel 1983 quando c’era ancora la maestra unica (che adesso è ritornata), erano tempi di pieno fervore di rinnovamento e di rivoluzione, dopo qualche anno ho preso parte alle prime sperimentazioni del  modulo didattico ( tre maestri che si dividevano le materie da insegnare), facevamo tanti progetti, portavamo i bambini a conoscere la città, al mare, in piscina, poi all’inizio degli anni 90 è iniziata la diffusione delle nuove tecnologie per la didattica.
In quegli anni la Apple cercava una scuola di Napoli dove  allestire un laboratorio multimediale, formare un gruppetto di docenti e sperimentare nuovi modelli didattici e così ho iniziato a gestire il laboratorio multimediale del 70° Circolo Didattico di Ponticelli, periferia est di Napoli, uno tra i primi in campania, in una scuola elementare. Da li sono nati “Pensieri e autori per il prossimo millennio” uno dei primi siti scolastici con molte pagine costruite insieme ai bambini, il progetto La mia prima pagina web, se ci penso una straordinaria anticipazione delle possibilità oggi offerte dai social network e dal web 2.0, così come anche  Telescuola e The Ball, progetti collaborativi che mettevano in comunicazione classi sparse su tutto il territorio nazionale.
Idee e progetti che avevano come filo conduttore la necessità di mettere gli alunni al centro del processo di apprendimento e i contenuti al centro delle nuove tecnologie.
Poi per me sono venuti gli anni dell’impegno nell’organizzazione scolastica, delle progettualità in rete con le associazioni del territorio, i rapporti con l’università, e la ricerca  didattica e tante altre cose ancora, studiate e fatte, tanta fatica, ma con una sola idea di scuola, sempre quella, sostituire l’imparare con l’apprendere, contribuire a formare  teste ben fatte invece che teste ben piene.
Anche adesso che al posto delle lavagne di ardesia ci sono le lim e i tablet al posto dei computer, continuo a pensare che sono le idee a fare la differenza, che oggi come e più di ieri è innovativo insegnare a collaborare prima che a competere, a discutere prima che a obbedire, a fare domande prima che a dare risposte.
Per me innovazione è educare alla bellezza e all’armonia anche quando quello che hai intorno sembra suggerire il contrario, è capire che non si innova da soli, ed è così che in questi anni ho imparato a condividere e collaborare, ho scoperto che le buone idee sono contagiose e che la voglia di far bene le cose è più diffusa di quanto s’immagini.
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E’ così che possono accadere cose importanti come  è accaduto nella mia scuola per La notte del lavoro narrato.
Si sono messi in moto circa cento docenti, quasi mille bambini dai tre ai tredici anni e tutte le loro famiglie. Tutti insieme abbiamo parlato di lavoro ben fatto per settimane, sono stati prodotti video, interviste, e-book, quadri, cartelloni, canti, balli, spettacoli teatrali. Dopo anni, centinaia di famiglie sono ritornate a scuola per condividere un progetto didattico, che è un’idea di scuola e di lavoro, ma soprattutto è un’idea di futuro.
Ecco, questo è quello che volevo dirti ancora sperando possa ancora servire per la nostra discussione.
Colomba»
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Mariangela Contursi
Ho assistito all’intervento di Colomba a RNext non senza una punta di invidia perché non ci sta niente da fare, per quanto la Notte del Lavoro Narrato organizzata da noi possa essere stata bella, quella organizzata da Colomba è stata una cosa così monumentale, per il dispiego di energie, l’ampiezza del coinvolgimento, la difficoltà del contesto e l’importanza dei risultati, da far apparire piccolo tutto il resto.
Il suo intervento mi aveva colpita molto, anzi, moltissimo, ma devo dire che rileggerlo mi ha fatto concentrare l’attenzione su alcuni passaggi che mi erano sfuggiti e che rivestono un’importanza capitale nel processo di costruzione di un Paese di innovatori, non a chiacchiere ma reali, come l’allenamento alla discussione e alla collaborazione, allo sviluppo di uno spirito critico, al sano radicamento ai valori e non alle mode, ad un rapporto dialettico, consapevole con le novità e la tecnologia.
Le parole di Colomba, che non anticipano ma seguono un’eccezionale, provata, capacità di fare, e sta in questo la loro forza, sono un pilastro e una stella polare, e non solo nel mondo della scuola.

Gaetano Vergara
La scuola o educa al cambiamento o non serve a niente.
Innovare per me vuol dire di-mostrare che le cose si possono cambiare. Non è solo una questione di tecnologia. Uso dal 2003 il blog come strumento di lavoro, ma non lo faccio per seguire l’onda della nuova tecnologia, lo uso perché mi permette di attuare un metodo cooperativo di apprendimento in cui gli alunni possono correggersi reciprocamente e interagire tra pari; lo faccio per motivare gli alunni a formarsi in modo autonomo e responsabile sviluppando senso critico e dibattendo in forum e gruppi di discussione.
“Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà – fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà – vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione.”
Gianni Rodari, “La Grammatica della fantasia”.