Napoli, domenica 27 maggio 2007
Vincenzo, I’d like to add you to my professional network on LinkedIn.
Il messaggio è quello di prammatica, l’invito viene da Piero Carninci, mio amico scienziato allora di stanza a Tokyo, oggi a Yokohama, sempre per conto del Riken. È domenica mattina e lo stress non è quello dei giorni migliori. Mi connetto alla piattaforma LinkedIn, digito login e password, accetto la richiesta di Piero, mi metto a sistemare le mail in entrata e in uscita.
Ma io e Piero siamo amici?, mi domando a un certo punto. Sì, certo, mi rispondo. Ma sono passati quasi 2 anni da quando con Cinzia Massa l’ho contattato per l’intervista su Technology Review e non ci siamo ancora visti una volta che fosse una, mi dico ancora. Non un caffè preso assieme. Non una stretta di mano. Vero, controbatto. Ma ci siamo sempre sentiti ben accolti nella cerchia dell’ospitalità. Abbiamo condiviso il piacere della conoscenza. Abbiamo trovato impressioni e connessioni come solo ai veri amici accade. Eppure qualcosa non torna. Sono come preso da un attacco di mancata fisicità. Com’era diverso a Secondigliano. Se si stava a scuola, bene. A lavoro, anche. Ma in tutti gli altri casi la parola d’ordine era una sola: stare tutti assieme.
L’appuntamento era al bar di don Peppe Testolina, di fronte a casa mia, a fianco della merceria gestita dalla signora Carmela, la mamma di Tonino Parola. Se qualcuno mancava? Facile. Si passava a prenderlo a casa. Due le possibilità. La chiamata via citofono, modello classico. Oppure la chiamata a cappella, modello Lello. Chi è Lello? Lello Sodano, quello che all’inizio di Ricomincio da tre inizia a gridare Gaetano, Gaetanoooo, Gae-tano, Gae-tà e non smette fino a quando l’amico non scende.
Tornando al punto, io e Cinzia abbiamo inviato per la prima volta una mail a Piero Carninci a inizio ottobre 2005. Sono diventato suo amico su LinkedIn il 27 maggio 2007. Ci siamo scritti e parlati via Skype più volte nel corso dell’anno. Ho stretto la sua mano per la prima volta a Tokyo la sera del 3 marzo 2008. Magie di internet. Tecnologie che riarredano il mondo nel quale viviamo. E mentre siamo intenti a disporre le nuove cose, a dare significato le parole che le definiscono, a gestire l’incertezza che ad esse è associata, ci scopriamo in un mondo diverso da quello al quale eravamo abituati.
Prendiamo la parola amico. Su Facebook ne ho quasi 800. Alcuni li conosco da una vita. Altri da poco. Altri ancora li ho conosciuti o li conoscerò grazie a Facebook. Con parecchi di loro mi scrivo, scambio idee e contenuti con più regolarità di quanto accada di fare con molti amici “in carne e ossa”. Eppure ogni volta mi viene da dire “siamo amici su Facebook”. Perché? Perché non c’è “una parola una” che definisce questo rapporto? E se fosse l’ora di inventarla?
Tokyo, lunedì 3 marzo 2008
Sono quasi le 9.00 p.m. quando incontro per la prima volta live Piero, dopo due anni e mezzo di mail e chiacchiere via Skype. È affettuoso, gentile, premuroso. Come incontrare un amico di vecchia data. Mio figlio Luca racconterà che dopo una giornata così un italiano che ci dà il benvenuto è quanto di meglio possa capitare. Poi aggiunge: “Domani Piero parte per l’Olanda, ci ritroveremo tra una settimana. Posiamo i bagagli in camera e riscendiamo per andare a mangiare qualcosa insieme. Entriamo in un bar, piccolo ma accogliente, naturalmente prendo un tè, il primo in terra giapponese. Carninci ci dà alcune indicazioni per raggiungere il Riken e i numeri di telefono di Uruma san, la sua segretaria, che ha l’incarico di far sistemare papà alla postazione che gli è stata preparata e di metterlo in contatto con Franco Nori e Iwano san”.
Roma, domenica 27 dicembre 2009
Pubblico un post dove racconto che su Facebook ho quasi 1000 amici. Alcuni li conosco da una vita. Altri da poco. Altri ancora li ho conosciuti o li conoscerò solo grazie a Facebook. Con un numero signficativo di loro scambio idee e contenuti con più regolarità di quanto mi accada di fare con molti amici “in carne e ossa”. Mi domando se Ludwig Wittgeinstein oggi scriverebbe ancora che “ogni parola ha un significato, questo significato è associato alla parola, è l’oggetto per il quale la parola sta?”. Ma che significato ha la parola “amico” su Facebook? O anche, meglio: che cos’è l’amicizia al tempo dei social network?
Daniele Riva, autore di un bellissimo blog letterario, Il canto delle Sirene e mio amico su Facebook, risponde così: “Bella domanda. È un’amicizia mentale, una comunione di idee e pensieri, un confronto. Certo, con molti ci si trova come con i passeggeri di un treno, ci si scambiano convenevoli e quattro chiacchiere, con altri la cosiddetta “amicizia” si approfondisce, si addentra nel vero e proprio legame sociale – rimanendo sempre fisicamente lontani. Una relazione sociale, dunque, quella di Facebook. Ma “relati” è un brutto termine, continuiamo pure a chiamarci “amici”.
La risposta di Daniele mi suggerisce una possibilità, quella di distinguere tra @mici e amici. Lo scrivo. Ancora Daniele posta un affettuoso: “ottimo, una definizione azzeccatissima, @mici è la soluzione ideale”. Seguono Deborah Capasso de Angelis con “@mici: mi piace moltissimo” e Giorgio Fontana con “Ciao Vincenzo, da @mico ti rubo il post su Nòva e lo condivido. Tra i tanti possibili atti di @micizia credo sia quello più @micale”.
Enakapata, 27 dicembre 2009 – 2 gennaio 2010
Adriano Parracciani scrive: “Dunque, amici del poker, amici di scuola, amici di lavoro, vecchi amici, amici del bar, ex amici, amici perduti, amici così tanto per dire, amici del cuore, amici del militare, amici di lettera, amici di letture, amici del club, amici del partito, amici dei giochi on-line, amici manco per niente, amici di bevute, amici della palestra, amici degli amici, e-amici, @mici ed poi i famici, i facebook-amici, un sottoinsieme degli @mici. Tra i miei “amici” pochi sono tanti tipi di amici, altri meno tipi, molti sono @mici e moltissimi famici. È la rete che la rete sconvolge, modifica, apre, gira, capovolge, sbaraglia, sposta, macina, allunga, deforma, ri-forma, insomma, innova, nel senso che porta il nuovo dentro, il non conosciuto, l’inedito; come gli @mici”.
A seguire gli interventi di Adele Dedé Gagliardi: “tu sei amico di Adriano se Adriano è amico tuo, lo stesso collegamento logico vale per Concetta, cioè siete legati solo se la tabella di verità dello “and” è vera” e di Emilia Peatini: “Interessante questo contributo! Qui mi ritrovo, non nell’articolo “Amicizia svuotata” della Rodotà sul Corriere”.
Ancora Adriano: “Potrei scrivere un articolo esattamente di tenore opposto a quello di MLR sul Corriere, di amicizie recuperate, di legami rinforzati, di persone conosciute e frequentate poi anche fisicamente e magari amate, di relazioni impensabili ed impossili altrimenti, di persone che hanno trovato l’unico modo di relazionarsi, della volontà a partecipare che non ci sarebbe mai stata; e potrei continuare molto ma molto a lungo”.
Ad interagire questa volta sono Angela Graziano: “Sono perfettamente d’accordo con queste ultime affermazioni. A volte è impossibile mantenere rapporti continui ed intensi con amici che abitano lontano e spesso manca anche la volontà di farlo con i mezzi tradizionali. Facebook ci tiene in contatto ed offre spunti interessanti di discussione e confronto continui. È difficile che si prenda il telefono per commentare con l’amico che sta a mille chilometri le affermazioni della Rodotà, ma su Facebook si, lo facciamo”;
Concetta Tigano: “questa domanda mi ha messo un tarlo nella mente; l’amicizia, anche quella su Fb, secondo me non si può “definire”, cioè chiuderla dentro una frase, perchè ci coinvolge profondamente, mi piace conoscere davvero le persone, scoprire gli interessi e piaceri comuni, discutere, confrontare e Fb consente proprio questo, saltando certi convenevoli o certe paure, che rallentano le relazioni, ti butti e… via! Scopri persone interessanti, gradevoli con le quali ti ritrovi a parlare di cose che magari prima non ti sarebbero venute in mente. Manca la fisicità? Fino un certo punto, vuoi mettere l’emozione di ricevere messaggi o mail che aspetti! Ho letto tutti i commenti e si vede che è un tema che che a noi “amici” sta a cuore”;
Bruno Patri: “Quando avevo 15 – 18 anni avevo una grande passione. Ero un radioamatore. Allora non c’erano i telefonini, non c’era internet. A casa non avevo nemmeno il telefono fisso (i miei lo fecero montare quando partii militare). Grazie al mitico “baracchino” mi mettevo in contatto con persone mai viste, di qualsiasi età, di qualsiasi estrazione sociale. Si venivano a creare così delle amicizie che diversamente da internet avevano un solo “canale”: la voce. Era vera amicizia? Semplice conoscenza? Semplice passatempo? Non lo so. Per anni ed anni, di giorno e di notte, parlavo con questi “amici”, nasceva un rapporto, ci si confidava, spesso si “litigava” in modo colorito. Ogni volta che accendevo il rx-tx e sentivo una “voce amica” era per me un momento “magico”. Ho nostalgia di quei tempi”;
Angela Giannoni: “Io scrivo di una via di mezzo … in media stat virtus!”. Per la serie “scoperte multiple indipendenti”;
Mario Furlan, senza che si sia mai venuti in contatto, posta: “Tremila amici su Fb. Ma quanti sono Amici? Amico è chi si avvicina a te quando il mondo si allontana”.
Della serie spesso ritornano Deborah Capasso de Angelis scrive: “Quando mi sono iscritta a Facebook cercavo un ulteriore modo per esprimere il mio essere socievole. Un mondo virtuale dove confrontarmi con persone o semplicemente con delle icone senza volto. Ho ritrovato chi non ricordavo più, memorie perdute di eventi passati, vicende rimosse dalla mente riafforate al primo accenno. Ma soprattutto ho riascoltato il rumore dei miei passi nel cammino della vita. Quelli che credevo @mici, come Ernesto o Enza, mi hanno cercato e ritrovato con gioia, persone con cui ho condiviso solo un piccolo tratto di strada hanno parlato di me con profondo affetto. Altri, con cui ho avuto prima di Facebook un rapporto formale e distaccato, come Sabato o Pino, si sono rivelati amici disinteressati pronti a sostenermi quando ho chiesto aiuto. Gli amici di sempre sono rimasti lì ma non mi sorprendono più, non li riconosco. Qui sono faccine”. Adriano Parracciani: “Dovremmo abbandonare l’uso del termine virtuale quando ci riferiamo a quello che facciamo in rete. Non è virtuale, è reale, punto. A differenza del pre-internet, oggi l’umanità si trova di fronte ad un cambiamento epocale dato dal fatto che viviamo, assieme ad una vita analogica, anche una vita digitale. Non c’è nulla di virtuale nell’acquistare su ebay, nel fare home-banking, nel telelavoro, nello scrivere un blog o nel frequentare un social network. La mia @micizia con Vincenzo non è virtuale, scrivo sulla sua bacheca, nel suo blog, lui risponde sulla mia, partecipa alle mie iniziative, ci scriviamo per posta, ci siamo sentiti per telefono e presto ci vedremo. Il fatto che la rete abbia i suoi aspetti negativi non dipende dalla rete ma dall’essenza stessa dell’essere umano, dalla sua complessità. Che ci (vi, o gli) piaccia o no, la vita digitale sarà sempre più integrata a quella analogica fino, un giorno, a con-fondersi, in quello che probabilmente sarà il “nuovo essere umano”.
Concetta Tigano: “Nessuno ci costringe a scegliere, gli @amici o gli amici, possono convivere benissimo, non si escludono vicenda. Gli amici che avevo, li ho ancora, in più ho potuto conoscere in rete persone con le quali scambiare e condividere opinioni che in qualche modo arricchiscono. Sempre più spesso mi capita infatti di chiacchierare delle iniziative che ci sono in rete, dei vari blog e gruppi e dei loro contenuti. Facebook è un mezzo, se buono o cattivo, dipende da come lo usiamo. Altro che “virtuale!”.
Adele Dedé Gagliardi: “carissimo Vincenzo, per me l’amico virtuale non è proprio un amico, ma un fantasma, tutti i miei amici di FB sono persone che comunque conosco realmente, tranne una, ma è un velista! Non conoscere direttamente le persone significa non poter condividere, in quanto non sai se sono alti, bassi, grassi, magri e poi il loro pensiero: non saprai mai se è di convenienza o vero”.
Paola De Gioia: “Vincenzo io non lo conosco assolutamente, è un @mico a tutti gli effetti: siamo entrati in contatto tramite percorsi strani, misteriosi, oscuri, ignoti che credo solo Fb possa offrire. Non so se sia alto o basso, non so che voce abbia, non so se lo incontrerò mai. Ho scoperto, però, immediatamente, che molto di quello che scrive mi porta a riflettere: molto di più di alcuni amici reali. Mi aiuta a conoscere: come molti amici reali. È molto probabile che nel momento di difficoltà non mi rivolgerò a lui nè da lui avrò un aiuto spontaneo: come talvolta capita anche con gli amici reali”.
Cellole, 17 gennaio 2010
Mia madre sta preparando gli gnocchi, ma io non sto ridendo, lo farò dopo, perché buoni e morbidi come li fa mia mamma gli gnocchi, con la farina e senza patate, of course, non li fa nessuno. Infilo la chiavetta nel Mac e faccio un giro. Posta elettronica. Blog. Enakapata. Adriano Parracciani ha postato un nuovo commento. L’ha chiamato Persone e webpersone. Da due settimane, può essere un’eternità nel mondo dei bit, non ne parlavamo più. Adriano scrive: “Vincenzo dice che io e lui siamo diventati amici e complici ancora prima di conoscerci, ed aggiunge che a lui questa cosa è gia capitata; ma questo lo trovate scritto nel suo bel libro Enakapata. Confermo le parole di Vincenzo, e qui si riapre il dibattito sul tema dell’amiciza nell’epoca di Facebook. Bisognerebbe presentare a MLR queste esperienze non per dimostrarle che ha torto, ma per con-dividere e con-vincere con i fatti. Qui ci troviamo di fronte ad una empatia di tastiera, amicizia e complicità digitale prima che analigica (“prima di conoscerci”, dice Vincenzo). Che poi non si capisce perchè ci si debba stupire quando in passato c’era l’empatia tutta epistolare fatta di carta ed inchostro. Certo: confermo che esiste anche l’indifferenza, l’odio e l’ignavia di tastiera. Non faccio parte della schiera degli apologeti della rete. Provo verso il genere umano il distacco sufficiente per respingere l’illusione e la falsa retorica della webfratellanza, ed anzi vedo all’opera i futuri grandi fratelli telematici di orwelliana memoria. Ciò detto rimane la grande rivoluzione epocale che le webtecnologie stanno alimentando. Le persone si stanno trasformando in webpersone, individui che fanno parte di un tessuto connesso, tessuto essi stessi, dotati di vita analogica e digitale. Le webpersone hanno gli stessi pregi e difetti delle persone; anche alle webpersone piace vedersi, toccarsi, camminare sotto la pioggia e bere una birra con gli amici. Non ci sarebbe differenza se non fosse per le enormi opportunità in più che hanno le persone con il prefisso web”.
Non bisogna essere dei geni per capire che c’è spazio per una nuova discussione. Tolgo Adriano dai commenti. Lo faccio diventare un post. Chiedo agli @mici di Facebook di commentarlo.
Enakapata, 17 – 22 gennaio 2010
Diverse le reazioni al post di Parracciani.
Lucia Rosas: “È sempre un piacere vedere in facebook che enakapata lancia il suo suono. Porta piccoli racconti di un vissuto prospettive che magari camminando per strada non noteremmo mai, piccoli tesori sguardi odori che valicano un mezzo freddo come viene accusato essere lo schermo. Il bello della rete, anche se vivo su Fb, è inciampare su certe frasi, rileggerle, ascoltarle e pensare, vedere con altri occhi e magari cambiare strada o idea senza urla, imposizioni perchè magari passo la pagina in posta e la riguardo e il giorno dopo sarà magari di nuovo nuova o io convinta della mia idea e se l’ha detta un personaggio celebre o un “amico di tastiera” sarà sempre una compagnia desiderata in quell’istante pertanto vera a tutti gli effetti. per me”.
Paola Bonomi: “Le finestre di casa mia si affacciano su quelle della Lilla. Da piccole giocavamo assieme, poi nel tempo ci siamo allontanate. Vicendevolmente abbiamo visto la nostra vita allungarsi e riempirsi di altra vita. Quando dalle finestre di casa mia vedo le luci accese in quelle della Lilla, sono contenta. Mi fa piacere sapere che c’è, che è lì a produrre ancora vita. Così come, quando sul mio computer vedo il passaggio, il commento di taluni con cui non ho mai fatto un tratto di strada assieme. Ma di cui intuisco una sensibilità comune. Io le chiamo affinità elettive. Le affinità elettive non temono frontiere perchè frontiere non ne hanno”.
Gerardo Navarra: “Adriano, nulla è cambiato. Nel senso che individui eravamo e individui siamo. Cambiano le modalità di approccio. Quando si incontrano persone positive e propositive come Vincenzo Moretti, non c’è metodo che tenga; epistolare, webpersone, o interazione faccia a faccia che sia. Possiamo discutere di metodi e tecniche, ma individui eravamo ed individui siamo”.
Adriano Parracciani, again: “Condivido il pensiero di Gerardo. Propongo alla riflessione anche questa chiave di lettura. Fino a pochissimi anni fa si poteva parlare del web come tecnologia abilitante, come sistema di comunicazione che abbatteva spazio e tempo, come “metodi e tecniche” (per dirla alla Gerardo) innovativi per accelerare processi produttivi o relazionali. Oggi credo che, invece, siamo di fronte ad un qualcosa senza precedenti. Il web è oggi quello che nel passato è stata la ruota, l’uso della scrittura, la stampa, le macchine a vapore; cioè una tecnologia che non solo abilità ma modifica la vita, il pensiero e la cultura. Ma non mi pare solo questo; penso che il web sia esso stesso cultura, pensiero, ed i suoi contrari. Non è più solo tecnologia, applicazioni e reti ma è tutto questo integrato, mixato, con il genere umano, con l’intelligenza (e non) con la creatività (e non), con il pathos e l’ethos. Mi appare sempre più come un tessuto connesso, una specie di organismo vivente dalla complessità via via sempre crescente fino a quando sarà non più conoscibile. Forse sarà il web nel suo insieme la prima vera replica di un uomo, in attesa degli androidi? Scherzo, ovviamente. O no?”.
Concetta Tigano: “Io le chiamo “opportunità”. Ci capita di conoscere spesso nuove persone, piacevoli o no, delle quali manteniamo il ricordo o che vogliamo dimenticare, con alcune si crea un istintivo legame con altre no. Sul web ne conosciamo tante di più, con lo stesso approccio, dipende se le sentiamo a noi “affini”, che secondo me vuol dire “sentire” le cose della vita nello stesso modo. Non ci vedo grandi differenze, se non quella di non “percepire” con i nostri rimanenti quattro sensi, ma si può rimediare, basta incontrarsi davvero! Quando ho iniziato l’avventura su Facebook, era mia intenzione trovare solo persone che avevo perso di vista, così è stato per alcuni, poi mi si è aperto un mondo nuovo, ci vado con i piedi di piombo, ma fino adesso ho incontrato persone intelligenti e stimolanti, veramente bello!”.
Paola Barbarisi: “Facebook, Twitter, Myspace, Skype sono le finestre sul mondo che ci mettono in contatto con persone, note e non, ovunque noi siamo e ci permettono così di accorciare le distanze, temporali e spaziali. Un tempo era la radio, poi la tv. La differenza tuttavia è che adesso non siamo più soltanto ricettori passivi di informazioni, di una comunicazione unidirezionale mass-media to us, si sono rotti gli argini e i confini di questo flusso, fenomeno che ha permesso lo strutturarsi di un dialogo più partecipativo. Le amicizie, reali e virtuali, si confondono in un’unica piazza virtuale, che mette a nudo i nostri pensieri e ci permette di condividerli con gli altri. Ci sono le amicizie della vita di tutti i giorni, che includono anche i parenti e gli amici che si frequentano con regolarità. Alcune amicizie possono nascere dalle varie chatroom, da quella di Irc e Tiscali, ai vai forum di fan presenti in rete. Altre invece sono frutto di un ritrovarsi dopo tanti anni grazie i socialnetwork. Infine vi sono le conoscenze più recenti, dei vari incontri della quotidianità e di una chiaccherata che si conclude con l’ormai nota frase: “ti invio la richiesta d’amicizia su Facebook”. Ecco, quindi, che possiamo avere riunito, attraverso l’elenco di amici registrato su Fb, il mondo di legami che sono stati instaurati nell’arco della nostra vita. Tra questa moltitudine di amici, tuttavia, ci riduciamo a dialogare fondamentalmente con pochi di loro attraverso la chat. La comodità di questo strumento comunicativo è, in realtà, che in qualsiasi momento avremo la possibilità di “farci i fatti degli altri” o di scoprire affinità inaspettate attraverso un semplice “Mi piace”, condividere pensieri attraverso dei commenti, scoprire la personalità dei nostri conoscenti attraverso i vari test. Il mondo paravirtuale ci permette di esprimerci, di conoscere gli altri ed empatizzare forse con maggiore profondità rispetto a quanto accade attraverso la relazione face-to-face. Internet diventa così il rimedio ultimo per combattere la superficialità del postmodernismo, dell’epoca in cui l’apparire sembra più importante dell’essere. Esso è diventato un mondo nel mondo, la riproduzione virtuale della vita reale; il confine è così sottile che il tutto s’intreccia, si confonde e si plasma. Nell’epoca dei socialnetwork si possono ritrovare vecchie abitudini (come il gruppo “quelli che…da piccoli facevano pace con mannaggia al diavoletto!”), comunicare i propri pensieri e quant’altro. L’amicizia all’epoca di Facebook non fa altro che approfondirsi. Gli amici di sempre resteranno tali (fondamentalmente si continua ad uscire con le solite 4 persone), le amicizie che col tempo si sono allontanate vengono però riallacciate e tutti diventiamo un po’ meno sconosciuti. Reale o non, penso che tutto ciò sia fantastico!”.
Stefania Bertelli: Non è facile definire l’amicizia nel Web, perché è uno strumento che uso da poco tempo, troppo poco perché capisca come si possa evolvere. Devo dire che i criteri che uso, per “selezionare” le persone, sono i medesimi della vita reale: affinità d’interessi, di vedute, di età ma, ogni tanto, ci sono l’incognita, la scheggia impazzita, la novità, a tutto ciò non mi esimio, per non fossilizzarmi nei giudizi. Certo mancano tutti quei messaggi che il linguaggio non verbale comunica e bisogna attendere, per capire meglio com’è una persona, ma, alla mia età, l’istinto e quel po’ di esperienza aiutano. Io non criminalizzerei il web come nuova forma di comunicazione, per non ricadere nei vecchi modelli, che si sono ripetuti quando è stata inventata la stampa, il telefono, la macchina per scrivere…etc. Mi fa piacere conoscere persone nuove, avere degli amici virtuali oltre ai miei amici, che frequento da decenni, che sono per me una famiglia allargata, anzi meglio di una famiglia e con i quali nulla è cambiato. Credo insomma sia anche interessante confrontarsi con altre persone, che abitano in altre città, in altre zone dell’Italia; il mio unico rammarico è non conoscere le lingue per allargare ulteriormente la mia cerchia d’amicizie. Io comunque sospenderei ancora per un po’ il giudizio, prima di esprimermi completamente su questa nuova forma di comunicazione”.