Via dei contrabbandieri

Ciao Vincenzo,
ho saputo di te grazie a Salvatore Di Domenico in un pomeriggio di chiacchiere. Ero da lui per consegne – olio extravergine, farro, farine e passata di pomodoro – e come sempre mi sono trattenuto per far salotto, come sai con Salvatore non se ne può fare a meno. A un certo punto mi sono trovato a parlargli della cultura del «servizio fatto bene», che i miei due soci, nati e vissuti in campagna, hanno praticamente assimilato con il latte materno e di come io invece sia a tutt’oggi un «arronzone» come pochi, tant’è che pur essendo anni che lavoro in campagna, continuo a sorbirmi «cazziatoni» quotidiani da questi ragazzi, io che sono un finto giovane dato che ormai vado per i quaranta. Gli ho detto pure però che anche se a  vedermi alle prese con una zappa o una chiave inglese cascano un po’ le braccia, l’insegnamento umano del lavoro fatto con amore,  «fatto bene», piano piano ha iniziato a scolpire il mio animo. E’ stato qui che Salvatore mi ha parlato di te e del tuo progetto. Appena tornato a casa ho dato un’ occhiata su internet, ho cominciato a seguire un po’ il tuo blog e dopo qualche mese di titubanza – altro mio difetto grandissimo, rimandare – ho deciso di scriverti. Quella che segue è la nostra storia, la storia di Via dei contrabbandieri.
cp3
Primi mesi del 2013: due giovani più il finto giovane di cui sopra decidono di intraprendere l’avventura agricola. Non hanno ancora le idee chiarissime ma, come spesso accade in questi casi, entusiasmo da vendere. Tutto parte dalla decisione «epica» di uno dei tre: lasciare il posto fisso a Torino, dove lavorava ormai da cinque anni, per riprendersi progressivamente la piccola azienda agricola di famiglia. Credo non sia inutile dire che se trovi un posto fisso al Nord e lo molli, una volta che sei tornato in Molise è meglio che nascondi la notizia il più possibile perché rischi che ti vengano a prendere a casa per farti un «paliatone». Questo pazzo acclarato si chiama Toni  ed è un caterpillar del lavoro e dell’entusiasmo. Per un anno resta a cavallo tra i due mondi, prendendo l’aspettativa nei periodi di raccolta e potatura e nel frattempo con la sua carica umana conquista il favore di una rete di Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) a Torino che a tutt’oggi costituiscono la base della nostra clientela. Dopo di che si accasa definitivamente nella sua amata campagna dove con rispetto parlando si sfonda il mazzo dalla mattina alla mattina dopo, una ne pensa e cento ne fa, per la gioia e la disperazione di chi gli sta accanto. Poi c’è Francesco. Nato a quattro ore di distanza da Toni, suo malgrado ne è il complemento necessario: dove Toni è un motore ad alti giri, lui è un diesel. Riflessivo, meticoloso all’estremo, con una pazienza che manco Giobbe quagliato dalle mosche, anche lui è un lavoratore straordinario, con spiccate abilità artigianali (ha costruito un pollaio con i pallet, realizzato aiuole, espositori, etc.) e un talento per la fotografia che si ostina a sottovalutare. E’ il classico tipo silenzioso che però quando dice una parola è quella. Infine ci sono io, Giovanni, figlio di famiglia vomevese (con la ‘v’ rende meglio di vomerese) che anni fa decise di fare «il passo del salmone», ovvero emigrare in senso contrario alla corrente, spostandosi da Napoli al Molise. Incostante, accidioso, pigro e inetto al lavoro manuale, per un po’ ho coltivato i miei cento e passa alberi di ulivo con risultati alterni, talvolta non privi di soddisfazioni. Ovviamente mi sono disperso in mille cose senza concluderne mai una ma la costanza della mia riflessione e un po’ anche della mia pratica è questa: fare qualcosa affinché l’essere umano si liberi concretamente dalla dipendenza, cosa diversa dall’uso, dalla tecnologia e dalla burocrazia. E farlo a partire dal cibo, che è la base della nostra esistenza.
cp4
Non ti ho detto ancora che Viadeicontrabbandieri è una Associazione Culturale, un marchio, un’azienda agricola con regolare partita iva che fa vendita diretta ai soci e uso dell’autocertificazione partecipata. L’atto di nascita operativo, nostro orgoglio e gioia, è stato il recupero di un grande uliveto secolare in abbandono, che abbiamo riportato in produzione con un lavoro artigianale nel quale in pochi credevano; non a caso sull’etichetta dell’olio abbiamo citato il Penthotal di Pazienza come pay off: «Passo i miei pomeriggi a domare gli ulivi». Viadeicontrabbandieri inoltre produce grano senatore cappelli, farro di cocco, ceci, legumi autoctoni, ortaggi, tutto senza concimazione, diserbo, in aridocultura e impiegando lavorazioni del terreno superficiali tutte basate sul criterio della conservazione del suolo, della sostanza organica e delle risorse idriche. Gli agrofarmaci non sono i benvenuti tra noi, nonostante le grandi difficoltà che questa scelta comporta. Facciamo anche una passata di pomodoro, la Passata Cuntrabbandera, assolutamente artigianale e di cui siamo molto orgogliosi; è il classico prodotto clandestino-genuino: caldare di rame, passatura, sgrondatura e sterilizzazione manuali, tutto come si è sempre fatto dalle nostre parti senza che nei decenni fosse mai capitato non solo un caso che fosse uno di intossicazione alimentare ma anche solo di cattiva conservazione. Infine come Associazione Culturale facciamo feste, corsi di formazione, giornate di divulgazione con passeggiate alla scoperta del territorio. 
A proposito del territorio, ormai il Molise è noto per non essere noto. Molisn’t, il Molise non esiste, etc. sono ormai diventati luoghi comuni. Ecco, noi ci troviamo in una zona abbastanza sperduta pure per essere in una regione a sua volta sperduta: trattasi dell’Agro di Macchia Valfortore, paesino di 590 anime scarse che affaccia sullo spettacolare Lago di Occhito, che pure lui nel resto di Italia nessuno lo conosce ma in realtà è uno dei più grandi (forse il più grande, ora mi sfugge) bacino artificiale d’Europa. Fa da confine tra Molise e Puglia, incoronato sulla sponda molisana da tre incantevoli paesini: Macchia Valfortore appunto, Pietracatella e Sant’Elia a Pianisi. Vincenzo, credimi se ti dico che la estrema marginalità di questo territorio fa torto a una cornice paesaggistica che in alcuni punti è da mozzare il fiato. Noi ci siamo voluti chiamare Viadeicontrabbandieri perché proprio le nostre campagne sono attraversate da un sentiero che veniva battuto dai contrabbandieri ai tempi del Regno delle Due Sicilie. Qui la chiamano «la Via Cuntrabbandera» e in un certo senso ci sentiamo anche noi un po’ contrabbandieri .
Giovanni Coscia Porrazzi
cp1