Caro Diario, quello che mi è piaciuto quando ho ascoltato la prima volta Antonio Pezzano e poi ho cominciato a leggere i suoi articoli, ad esempio su Officina Turistica, gli ultimi li trovate qui, è che tu lo ascolti, o lo leggi, e impari delle cose. E mi è piaciuta anche, tanto, l’ostinazione con la quale nelle cose che fa dà valore a due parole che troppo spesso trascuriamo: profondità, per esempio dei ragionamenti, e diversità, per esempio delle fonti e dei punti di vista.
Come dici? Il fatto che quando lo ascolti o lo leggi impari delle cose è connesso con il valore che dà alla profondità e alla diversità? Lo penso pure io; essere veloci non basta, e non basta neppure essere orizzontali, le reti umane, sociali e tecnologiche che arredano le nostre stanze di vita quotidiana hanno bisogno di radici per crescere meglio, di altezza per vedere più lontano, di pluralità per condividere più conoscenza ed essere più capaci di risolvere problemi. Per questo l’approccio di Antonio mi piace, e sono stato contento quando mi ha detto che a lui piacciono le cose semplici, cose come mangiare in compagnia – specie se cucina lui —, passeggiare – meglio da solo e con i podcast dei suoi programmi radio preferiti -, andare a prendere le figlie a scuola o alla fermata del bus, dormire all’ombra degli alberi di mandarino della casa dei genitori a Locri dopo aver mangiato come Dio comanda. «Vincenzo – ha aggiunto con fare complice -, mi piacciono le cose semplici e dirette anche se devo leggere un libro o guardare un film, scusami ma Alessandro Manzoni e Ingmar Bergman non li digerisco.»
Sì amico Diario, anche semplicità è una gran bella parola, e anche modestia, nel senso giusto, vero, quello che gli anglosassoni definiscono understatement, come ad esempio quando ti dice che ammira chi ha coraggio, chi non fa compromessi su libertà e valori, chi mantiene la sua dignità in ogni circostanza e poi ti guarda, sorride tra il malinconico e il divertito e aggiunge che farlo sul serio non è facile, che più di una volta fa fatica lui stesso ad ammirarsi.
Quando gli chiedo se ha delle esperienze di lavoro giovanile mi dice che mentre studiava ha fatto lo scout. «Vincenzo, a molti sembra una perdita di tempo ma invece vuol dire dare il proprio tempo libero a una buona causa: la crescita sana di altri ragazzi un po’ più piccoli di te. Con la maturità di oggi lo considero un lavoro retribuito con la soddisfazione di vedere molti di quei ragazzi sulla buona strada.
Da adulto ho fatto sempre lo stesso lavoro, dare consigli, anche se a diverse persone, istituzioni e imprese e in diversi paesi e settori. A un certo punto ho anche provato a cambiarlo, ma mi hanno detto che a 37 anni – oggi ne ho 44 – ero troppo vecchio. A ripensarci oggi dico che probabilmente sono stato io che non ho avuto il coraggio sufficiente per cambiare.»
Caro Diario, non so cosa avresti fatto tu ma io a questo punto gli ho fatto notare che non mi aveva raccontato ancora che lavoro fa. Vuoi sapere cosa mi ha risposto? Che la definizione che gli piace di più è quella pubblicata sulle pagine di #BTO2016 e che comunque ha la fortuna di fare diversi lavori. Per esempio ha coordinato per conto della Commissione Europea la rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN; collabora con Think tank, Università e NGO nell’ambito di progetti commissionati dalla Commissione Europea sul turismo sostenibile; collabora stabilmente con società di consulenza impegnate a livello internazionale nella definizione di master plan e politiche turistiche commissionate da banche multilaterali di sviluppo come World Bank e IFC; in Italia, per conto dell’Associazione Cultura Turismo e Ambiente ha coordinato i gruppi di lavoro che hanno supportato i primi parchi italiani ad ottenere la Carta Europea del Turismo Sostenibile, riconoscimento di qualità dalla Federazione Europea dei Parchi.
«Vincenzo, diciamo che mi pagano per rendere le decisioni politiche, già prese, più qualificate e coerenti con il bene comune. La cosa interessante è che nello stesso lavoro c’è anche lo spazio per sperimentare cose nuove e vedere se qualcosa veramente funziona per il bene comune.»
Non so se tu ti saresti accontentato, io no, e così gli ho detto che volevo saperne di più e allora lui mi ha risposto che il suo secondo (terzo, quarto, quinto?) lavoro è fare – spesso gratis, di rado a pagamento – da «terapeuta» dei luoghi comuni del turismo.
«Cioè?», gli chiedo.
«Cioè cerco di convincere gli operatori pubblici e privati che molte cose che fanno sono frutto di una strategia copia e incolla che non ha senso, a meno che uno non voglia attribuire senso al fatto di buttare soldi dalla finestra. Come puoi immaginare per fare il mio lavoro in maniera credibile c’è bisogno di un continuo aggiornamento sia in superficie – si tratta di leggere decine di articoli al giorno da riviste e quotidiani on e offline – che in profondità, attraverso lo studio, quello vero. Per esempio compro e studio almeno una decina di nuovi libri ogni anno su finanza, economia, marketing, comunicazione, psicologia, politica e urbanistica. Lo faccio un po’ perché ho lo spirito di chi intende mettere alla prova le conoscenze che ha già. E tanto perché studiare e avere sempre un nuovo punto di vista è la mia passione.»
Sorrido, si vede che comincio a essere contento della piega che sta prendendo la nostra conversazione, e così gli dico che mi piacerebbe sapere come trascorre una sua giornata tipo.
«La mia giornata di lavoro cambia a seconda se si svolge in Germania o in giro. In Germania ho un ufficio a casa, studio, faccio riunioni via skype e scrivo report, email, post. Negli ultimi tempi sono molto più spesso in Italia che nel resto d’Europa. I miei giri sono spesso legati a riunioni e a sopralluoghi. Vivo in Germania perché è il paese dove lavora mia moglie e per me un uomo senza la sue cose più importanti non é un uomo. Ti dico anche però che il distacco geografico e mentale dall’Italia – dove comunque sto per circa 3 giorni ogni 15 – mi aiuta a capirla meglio, nei suoi pregi e nei suoi difetti. Alla fine il lavoro che faccio è interessante perché mi permette di coltivare sempre la speranza – a volte penso l’illusione – di contribuire a cambiare in meglio le cose per le persone e le istituzioni per le quali lavoro. Infine per me il lavoro è importante anche perché soddisfa il mio desiderio di curiosità e di studio; ogni tanto vado a rileggere le cose che ho scritto da almeno 3 anni e provo piacere sia a trovare conferme (l’ego e il compiacimento aiutano), ma anche a vedere come il sapere avanza e come tante volte ho scritto castronerie perché ero troppo ignorante e arrogante.»
Come dici? Lo so anch’io che sono davvero in pochi quelli che riescno a essere così diretti quando parlano di se stessi, ma come ti ho detto Antonio è veramente così. Vuoi un altro esempio? Leggi cosa mi ha risposto quando gli ho chiesto «Antonio, ma tu ce l’hai un sogno?»
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«Certo che sì. Il mio sogno – per ora chiuso a chiave nel cassetto – è innescare processi di sviluppo turistico nella città e nella regione dove sono nato. È per questo sogno che ho approfondito gli studi sul turismo e svolgo da sempre la parte predominante delle mie attività in questo settore.»
Ecco direi che è tutto, anzi no.
Perché non ti ho ancora detto che da settembre 2015 ha messo su notediturismo.it, una bacheca on-line che raccoglie informazioni rilevanti per il lavoro dei destination manager con l’obiettivo di rendere accessibili dati e analisi spesso nascosti in articoli troppo lunghi e in rapporti di ricerca troppo voluminosi. E soprattutto non ti ho ancora detto che Antonio è juventino.
Come dici amico Diario? Come si fa? Non lo so! So però che ne ho tanti di amici così, a un certo punto mi ci sono abituato. E poi, come dice Osgood Fielding III (Joe E. Brown) a Daphne (Jack Lemmon) in A qualcuno piace caldo? «Nessuno è perfetto». Appunto.