Lui è Luigi Glielmo, Prof. di Automatica, co-fondatore di GRACE, Group for Research on Automatic Control Engineering, Dipartimento di Ingegneria, Università del Sannio.
Il progetto si chiama ICT based Intelligent management of Integrated RES for the Smart Grid optimal operation (da adesso in poi I3RES), ha da poco compiuto il primo dei tre anni di vita previsti e ha come compito lo studio delle smart grid su numerosi fronti: 1. supervisione della rete; 2. gestione dei generatori distribuiti (quelli comandabili, nel senso che puoi decidere quanta energia prendere, diversamente da quanto avviene per molte fonti rinnovabili, che non possono essere comandate e ti devi prendere l’energia che ti danno); 3. gestione delle operazioni (la possibilità di conoscere da lontano lo stato dei vari componenti e modificarlo se è necessario); 4. gestione lato domanda (demand side management), in pratica la possibilità di staccare dei carichi in caso di deficit di energia, o di spostarli in momento più opportuno, sempre che il contratto di fornitura lo consenta; 5. middleware semantico, una tecnica avanzata di costruzione delle interfacce tra il campo e gli applicativi software che girano sul calcolatore; 6. validazione su impianto reale e su impianto simulato.
Le ragioni per cui vi racconto tutto questo sono tante, ma non ve le dico adesso, le scoprirete leggendo cosa mi ha detto il prof. nel corso della nostra conversazione.
Comincerei spendendo qualche parola sulle principali differenze tra rete elettrica tradizionale e rete elettrica intelligente, che magari in tanti lo sanno che cos’è una “smart grid”, ma magari in tanti altri anche no. Che ne dici?
Dico che in una rete elettrica tradizionale l’energia scorre sui fili sempre in una stessa direzione, dal produttore al consumatore, che dal punto di vista geografico la produzione è concentrata in certi punti predefiniti e che allo stesso modo prefeterminata è anche la quantità di energia erogata (megawatt o gigawatt che siano). Nelle reti di nuova generazione la struttura è invece molto più complessa. Provo a sintetizzare alcune delle principali novità:
a fianco ai nodi di generazione tradizionale, le grandi centrali, si affiancano nodi di generazione da sorgenti rinnovabili (solare, eolico, ecc.) in genere di media dimensione, spesso di piccola dimensione, qualche volta di grande dimensione, piuttosto sparse sul territorio e quantitativamente irregolari poiché la produzione di energia non dipende da scelte di gestione (più o meno combustibile) ma piuttosto dalle condizioni ambientali, ad esempio l’irraggiamento solare o la velocità del vento, intrinsecamente incerte e variabili;
esistono oggi anche nodi di generazione “comandabili”, cioè che possono essere accesi, spenti, modulati a piacimento entro certi limiti, da considerare nel bilancio energetico complessivo: certe industrie, ad esempio, si dotano di questi generatori per evitare di acquistare energia elettrica dalla rete principale nelle ore di punta;
per far fronte alla variabilità delle fonti di energia, e utilizzando le innovazioni tecnologiche, si sta facendo strada l’idea di accumulare energia nelle ore di sua abbondanza o di deficit di domanda, e utilizzarla in quelle di sua penuria o eccesso di domanda;
il flusso energetico non è più unidirezionale ma può essere bidirezionale poiché nelle reti di distribuzione (su scala regionale più piccola di quelle di trasmissione che coprono grandi distanze) l’energia può fluire da un certo nodo in certe ore della giornata o verso quel nodo in altre ore;
tutti i componenti della rete sono dotati di sistemi di trasmissione e ricezione di informazione così che al trasporto di energia tra i vari nodi della rete elettrica si affianca il trasporto di informazioni nelle varie direzioni: il gestore della rete sa istante per istante qual è il consumo nei vari appartamenti e qual è la produzione ai vari nodi; il consumatore può sapere qual è il costo dell’energia in un determinato momento ora e nelle ore successive, e così via.
Qual è nello specifico il ruolo di Unisannio e del tuo dipartimento nel progetto I3RES?
Per prima cosa fammi dire che l’Automatica è una disciplina dell’area dell’informazione che s’interessa di gestire e controllare il comportamento di sistemi, detto in altri termini di automatizzarli, in modo che essi si comportino nella maniera desiderata assecondando certi vincoli.
La progettazione degli algoritmi di controllo presuppone l’interazione con gli esperti del “dominio applicativo” ma utilizza competenze di tipo diverso, più astratte e dunque più generali, così che un ingegnere del controllo può affrontare, sempre con la necessaria collaborazione degli esperti appropriati, problemi e ambiti molto diversi tra loro.
L’algoritmo infatti viene progettato accantonando le caratteristiche tecniche e costruttive dei sensori, degli attuatori e del sistema da controllare, ma lavorando solo sulle loro descrizioni matematiche e sulle funzioni che essi si scambiano. Quello che intendo dire insomma è che il progetto si svolge su di un piano astratto, un po’ come l’ingegnere Eiffel progetta una struttura in ferro, la sua torre, con carta e matita e non presso il fabbro, con cui alla fine dovrà pur parlare.
Nel caso specifico del progetto I3RES il sistema da controllare è una rete elettrica di nuova generazione, una “smart grid”, caratterizzata da una quantità e da una varietà di sensori molto più ampia di quanto fosse disponibile prima, anche gli attuatori sono più numerosi e inoltre si hanno a disposizione previsioni meteorologiche, e dunque previsioni della possibile produzione di energia da fonti rinnovabili e dei possibili consumi, ad esempio per riscaldamento o raffreddamento.
Sulla base di questa varietà d’informazioni è possibile controllare il funzionamento della rete, cioè decidere la quantità di energia da prendere da ciascun generatore e il suo “settaggio”, se conservare energia nei sistemi di accumulo, se presenti, se prelevarla, o se proporre ad un consumatore un cambio di orario per l’avvio della lavatrice (avendo in cambio un certo sconto in bolletta).
Insomma facciamo i conti con un sistema estremamente complesso, perché tantissime sono le informazioni a disposizione, tantissime le possibili scelte da attuare, i gradi di libertà, e in questa complessità noi cerchiamo di definire come è possibile “ottimizzare”, ad esempio come diminuire i costi di gestione, o i prodotti inquinanti derivanti dalla generazione da combustibili fossili, o le perdite di trasmissione, mantenendo lo stesso risultato per i consumatori.
Ciò detto, mi restano da aggiungere tre cose.
La prima è che UniSannio nell’ambito del progetto I3RES sta affrontando proprio temi di ottimizzazione e controllo, in particolare stiamo scrivendo algoritmi che mirano a mantenere il buon funzionamento della rete diminuendo le perdite di trasmissione sulle linee elettriche (ad esempio cercando di inviare l’energia non troppo lontano da dove è prodotta) “aggiustando” le decisioni in tempi abbastanza ravvicinati, ogni ora. Questo significa che ogni ora è possibile migliorare le decisioni considerando le informazioni aggiornate, dai sensori e dalle previsioni, purché il tempo a disposizione sia sufficiente per la mole di calcoli necessari. Un’ora è un tempo sufficientemente lungo per svolgere calcoli complessi, ma può facilmente divenire troppo poco se la rete è troppo ampia o le informazioni a disposizione trop
po numerose, insomma se l’ambizione di ottimizzare non è moderata dalla consapevolezza del tempo a disposizione. E dunque il nostro scopo è cercare di ottimizzare al meglio, senza strafare.
La seconda, che serve a dare a chi ci legge un’idea della ripartizione del lavoro, altri gruppi di I3RES lavorano sui sistemi di comunicazione, di trasmissione delle informazioni; sul middleware, cioè sull’interfaccia informatica tra il “campo”, l’insieme di sensori e attuatori e, in genere, di componenti della rete, e le applicazioni che devono utilizzare le informazioni raccolte, come i nostri algoritmi di ottimizzazione; sull’architettura della base di dati.
La terza è che la società norvegese NTE, partner del progetto, gestisce una utility, un gestore, nell’area di Trondheim, che serve un numero ragguardevole (per un contesto sperimentale) di abitazioni, oltre 700, e ha a disposizione un generatore di energia idroelettrica. Questa società ha il compito di fornire tutti i dati necessari al test del sistema, di sperimentarlo e infine di validarlo. La collaborazione con loro è fondamentale poiché ci indicano le strade industrialmente solide e ci spiegano quali pratiche sono poi davvero realizzabili nella gestione quotidiana della rete elettrica.
Ecco, adesso direi che è venuto il momento di raccontare come e perché ti è venuto in mente di coinvolgere in questo mondo di ingegneri un sociologo come me, “inventandoti” questo spazio dedicato alla comunicazione e alla ricadute socio economiche del progetto.
E’ un momento difficile per l’università italiana, è difficile far capire al grande pubblico che l’Università è cruciale per lo sviluppo del Paese e che il nostro ruolo va ben oltre fare lezioni ed esami. Personalmente trovo avvilente il fatto che questi aspetti non sono del tutto chiari alla stragrande maggioranza dei politici e dei giornalisti, che spesso guardano all’università come un mondo sconosciuto, o conosciuto solo attraverso gli esami, o alcune sue degenerazioni. Orbene, posso dire ai miei studenti che ci interessiamo di controllo delle smart grid, ma vorrei farlo sapere, chiaro e forte, anche ai futuri studenti, alle loro famiglie, ai politici, agli industriali; tutti devono sapere che l’università italiana in generale, e UniSannio in particolare, si muove in un contesto internazionale su temi importanti e godendo del finanziamento della Commissione Europea.
L’altro aspetto è che alcune ricadute socio-economiche del progetto sia dirette, in termini di miglioramento del know-how italiano in questo settore, che indirette, in termini di mantenimento della nostra ricerca ai livelli di frontiera, appaiono evidenti anche a noi, il punto è trasmettere questo messaggio ad un pubblico ampio, non solo ai lettori degli articoli scientifici o delle relazioni tecniche che illustrano il nostro lavoro e questo è un lavoro da specialisti, da divulgatori, un mestiere che vorrei imparare (un altro side-effect della nostra ricerca), ma comunque non è il mio mestiere. Infine ci sono le ricadute socio-economiche più ampie, alle quali in genere, quali tecnici specialistici, non pensiamo, e per le quali ci vogliono i sociologi o comunque gli esperti come te.
Come sai sostengo da tempo che da un processo di contaminazione tra approcci differenti può venire solo del bene all’Università italiana, spero che presto anche con il tuo contributo si possa finalmente avviare la creazione di serendipity lab nei quali interagiscano, se parliamo ad esempio di smart city, ingegneri, architetti, sociologi, urbanisti, psicologi, economisti, ecc. Per finire però ti chiedo, da questo nostro lavoro secondo te possono venire indicazioni, input, sollecitazioni utili anche per la didattica e gli studenti?
Penso di sì. Credo che la discriminante vera sia lavorare con rigore, senza farsi sopraffare dalla necessità di “comunicare” da un lato e senza sentirsi figli di un “dio minore” dall’altro, per dirla con una battuta penso che lo scontro tra Enriques e Croce non sia più attuale. Certo, anche per i nostri ragazzi lavorare alla voce “smart grid” con studenti di architettura, ingegneri civili, sociologi ecc. sarebbe molto importante, ma sinceramente mi sembra un cambiamento epocale, non lo vedo dietro l’angolo. Ciò detto, rimane il fatto che tra fare tutto e non fare niente ci sono innumerevoli possibilità intermedie, per esempio sperimentare dei post doc con caratteristiche di questo tipo. Del resto nel dottorato Tecnologie dell’Informazione per l’Ingegneria di Unisannio di cui sono il coordinatore già interagiscono ingegneri di discipline diverse. In ogni caso noi con la decisione di coinvolgerti in questo lavoro abbiamo voluto non solo rispondere a un’esigenza del progetto ma anche dare un segnale. Il tempo ci dirà se da questo seme sono nati buoni frutti.