Il gesto d’amore di Nicola

Caro Diario, oggi ti racconto di Nicola Cotugno che da piccolo avrebbe voluto fare il falegname  e invece poi è diventato architetto e invece poi ha scelto di fare il mestiere più bello del mondo, almeno secondo me, soprattutto se lo fai come lo devi fare, che è così che si diventa cacciatori di daimon, coltivatori di talenti, fidatevi, che funziona proprio così, lo dico con cognizione di causa, non faccio tanto per dire.
Il professor Cotugno ha oggi 58 anni e dal 1986 insegna Tecnologia all’Istituto Tecnico Galileo Ferraris di Scampia, Napoli, ai ragazzi del biennio, tra i 14 e i 17 anni.
Sì, hai letto bene, sono quasi 30 anni che lavora là, e quando gli ho chiesto perché mi ha risposto perché più passano gli anni e più il legame culturale e affettivo che costruisci con i ragazzi diventa parte di te, qualcosa di indissolubile, di straordinario, che dà senso e significato al tuo lavoro e alla tua vita.

«Tu lo sai come funziona Vincenzo, non è che devi stare lì a pensarci, più passa il tempo e più capisci quanto può essere importante, per te e per loro, rimanere a lavorare lì, riuscire ad ascoltarli, a capire le loro esigenze, a  cercare di far venire fuori desideri, capacità, aspettative, talenti, a fare insomma quello che una scuola attenta alla crescita e alla formazione potrebbe e dovrebbe fare, soprattutto quando questi ragazzi vivono in territori difficili e in contesti socio-familiari complessi.
Purtroppo il  sistema scuola nel suo insieme è drammaticamente in ritardo su questo, e troppo spesso i nostri ragazzi appassiscono senza interesse alcuno in grigie aule che gli atrofizzano il presente e gli sbiadiscono il futuro.
Ecco, secondo me insegnare bene a Scampia significa, ancora più che altrove, dare ai ragazzi strumenti e opportunità che gli sarebbero quasi sempre negati, aiutarli a costruire percorsi di vita a partire da processi educativi e formativi basati su ambienti, pratiche e metodologie di apprendimento in grado di valorizzarne interessi, capacità e passioni.»

2cotugnoProvo a sfruculiarlo un po’, insomma a provocarlo affettuosamente, e gli dico che mi sembra di sentir parlare i prof. di certi film di Nanni Moretti, ma lui non si arrabbia, anzi sorride, però mi dice che non si sente né un reduce e né un inviato al fronte, solo una persona che cerca di fare bene il proprio lavoro, solo questo.
«Certo – aggiunge dopo qualche attimo -, come adulto mi sento corresponsabile dello sbandamento valoriale e culturale, oltre che economico e sociale, che lasciamo in eredità ai nostri giovani; però verifico anche ogni giorno le loro grandi possibilità. In un certo senso lavoro e in un altro senso sogno affinché si crei un movimento di coscienze, giovanili e non, che sappia fare rete e abbia finalmente la forza di scommettere sul serio e non a parole sui giovani e sulle loro capacità, a partire da una scuola credibile e adeguata alla contemporaneità, che insegni loro la dignità di non piegare la testa, l’impegno per fare bene le cose e insieme la passione per coltivare il proprio talento, proprio come abbiamo cercato di fare, con Pietro, Mario e gli altri piccoli grandi protagonisti, con il film a episodi Vista con granello di sabbia.»

Già, il film. Realizzato dagli alunni dell’ITI Ferraris di Napoli – Scampia tra il novembre 2013 e il marzo 2014, a conclusione del progetto Cinema DOC, è stato presentato il 24 marzo 2014 nel Saloncino dei Busti in Castel Capuano, monumento adottato dall’ITI Ferraris dal 2010, nel quadro dell’iniziativa ‘La scuola adotta un monumento’, Fondazione Napolinovantanove.
«Vincenzo, se te la riassumo con le parole della ragione ti dico che la nostra piccola produzione didattica è stato come creare una breccia nel muro che impedisce di dare alla scuola tutto il senso che ha. Se te la riassumo con le parole del cuore ti dico che  è stata un’esperienza stupenda, piena di bellezza e di amore, quasi magica, scusami l’enfasi, però non sto inventando niente e comunque so che mi perdonerai.»

Non so tu cosa avresti fatto amico Diario, io non solo l’ho perdonato, ma gli ho chiesto anche di parlarmi de ‘L’Addio’, l’episodio che ha per protagonisti Pietro e Mario, che Nicola ha definito due tra le più belle anime che ha incrociato sulla sua strada aggiungendo che ce la sta mettendo tutta per provare a prenderli per mano e tenerli dal lato chiaro della forza.
«Fammi dire innanzitutto, perché è la verità, che i diversi episodi sono tutti meritevoli di attenzione per impegno e qualità dei risultati ottenuti da ogni singolo partecipante. Abbiamo lavorato su un portato di risorse umane molto fertile e verace, di ragazzi che hanno sete di sapere, di addentrarsi nella vita, ed essere guidati ad esplorare e conoscere la bellezza e le ricchezze della nostra storia, del nostro territorio e riappropriarsi di tutto questo attraverso la cultura,  da chi sappia prendersi cura di loro, con una dedizione professionale che, in campo educativo,  coincide con un gesto di amore.
Per me il valore aggiunto de ‘L’addio’, non sta dunque nell’aspetto filmico ma nella necessità di focalizzare l’attenzione sui due protagonisti, Pietro e Mario per l’appunto, le cui condizioni socio-familiari di provenienza, particolarmente critiche, sono equiparabili a un vero strapiombo, quasi insormontabile, frapposto  tra la loro condizione esistenziale e  le prospettive di vita.
La proposta a Pietro e Mario di girare ‘L’addio’ ha voluto essere il tentativo di costruire un ponte per superare questo strapiombo, per provare a convincerli che la scuola, nelle loro vite complicate, può diventare persino un’occasione stimolante, emozionante, coinvolgente.
Non è un caso che tra i diversi episodi del film quello interpretato da Pietro e Mario abbia rappresentato il più sofferto, portato a termine grazie anche alla tenacia con cui, col regista Giuseppe Carrieri, abbiamo superato gli ostacoli che si sono interposti alla sua realizzazione a seguito della  loro scarsa e discontinua frequentazione scolastica, nel periodo in cui dovevano realizzarsi le riprese.
Realizzare L’addio è stata una scommessa vinta, perché si è riusciti a  lanciare a Pietro e Mario un messaggio forte: ridare un Senso alla Scuola, un senso sino ad ora perduto e annientato, dare senso al fare scuola in maniera utile e importante ai loro occhi, vicina alle loro sensibilità e al loro innato e nascosto talento; a persuaderli – forse –  che è conveniente intraprendere un percorso formativo in cui si sentano accolti e che li veda protagonisti: per Pietro e Mario, realizzare L’addio ha, per molti versi, significato un senso di vita ritrovato.»
3cotugnoEcco, Nicola si è fermato qui, però poi ha aggiunto che mi avrebbe mandato due frasi dei ragazzi, che mi sono arrivate il giorno dopo, queste:
Pietro: «Girare questo film mi ha permesso di fare nuove amicizie: questo è stato l’aspetto più importante. Ho poi potuto coltivare la passione della recitazione e, allo stesso tempo, ho amato molto apprendere il significato della regia durante le riprese in esterni. Aver filmato da attore protagonista in mezzo a Città della Scienza è stato indimenticabile.»
Mario: «Aver fatto parte di questo film per me ha significato soprattutto che è possibile  andare avanti. Fare cinema è da sempre una mia grande passione e grazie a  quest’esperienza ho fatto altri progressi importanti. Un domani spero di poter recitare in altre opere, magari anche d’azione e d’avventura che sono i miei due generi preferiti.»

Ecco caro Diario, anche se mi è dispiaciuto un sacco è stato qui che gli ho scritto che bisognava finire, che la mia ultima domanda era: «E dopo?»
«Vincenzo, non ti nascondo che ritornare agli ingranaggi spesso antiquati e anacronistici su cui è ancora oggi strutturato il sistema scuola non è stato facile. Purtroppo siamo ancora troppo lontani dalle esigenze di crescita individuali e civili degli studenti, dalle loro sensibilità, dalla possibilità di costruire motivazioni per andare avanti, in maniera da far emergere e valorizzare il loro talento, fare esprimere le loro personalità, sostenere i loro sogni, aiutarli a diventare delle grandi persone, e non solo delle persone grandi, cittadini critici e responsabili, offrendogli opportunità professionalizzanti, tutte condizioni spesso inesistenti nella nostra scuola, tanto più se si è figli di un Dio minore.
Alla fine anche questa nostra piccola esperienza, al di là di ogni aspettativa iniziale, ha confermato drammaticamente, e sul campo, la condizione di dispersione culturale ed esistenziale in cui i nostri giovani versano, che nella scuola più che altrove  si tocca con mano e si manifesta sempre più; purtroppo essa rimane prevalentemente ignorata e non affrontata. Detto questo, aggiungo che per fortuna chi fa il mio lavoro è tenuto a stare in campo ogni giorno, ogni giorno a cercare di conquistare il centimetro, sì, proprio quello di Al Pacino in Ogni maledetta domenica. Te l’ho detto prima e te lo ripeto, per chi insegna la dedizione professionale è prima di tutto un gesto d’amore. Io credo molto in questo gesto e nelle sue possibilità di produrre cambiamento. Certo che da solo non basta, lo so che ci vogliono risorse economiche, organizzative, metodologiche, didattiche, tecnologiche, umane che non dipendono certo da me; però mentre mi batto come cittadino per cambiare le prospettive e il futuro del sistema scuola non rinuncio come insegnante e come lavoratore a compiere ogni giorno il mio dovere, che poi coincide con il mio gesto d’amore, ma questo lo abbiamo detto già.»
4cotugnoSCHEDA DEL PROGETTO
Il progetto “Cinema DOC” è stato ideato come un intervento partecipativo e inclusivo contro la dispersione scolastica, incentrato sull’utilizzo del cinema come strumento didattico.
Nella fase preliminare alle riprese, presso l’Iti Ferraris, oltre a svolgersi delle proiezioni di documentari e film di impegno civile,  si è proceduto ad illustrare ai partecipanti  la struttura e l’articolazione del film in episodi: si è svolto un intenso interscambio tra docente, regista e  discenti, al fine di rintracciare le vocazioni di ciascun partecipante in relazione ai vari temi ed episodi da filmare (propensioni per la recitazione, per le  tecniche di ripresa, di regia o post-produzione), che si è rivelato coinvolgente ed anche  meta-professionalizzante (molti degli alunni avevano già partecipato a progetti di teatro  nella scuola o come comparse in alcuni film): questa parte del progetto  ha avuto grande importanza motivazionale,  perché ha fatto sì che il progetto di realizzare “Vista con granello di sabbia” si  calasse nelle loro vite, soggettivando il ruolo di ogni partecipante, all’interno delle storie degli episodi da filmare prescelti.
I luoghi di ambientazione dei diversi episodi del film: ‘Il silenzio’  (Catacombe di San Gennaro, Castel Capuano, il Madre – Museo d’arte contemporanea), “La notte” alla Galleria borbonica, “Le case” nel borgo abbandonato di Apice (BN), “Il viaggio” a Bagnoli, “L’addio” a Città della Scienza, “i Ricordi” nella sede dell’ITI Ferraris hanno permesso di legare le storie dei vari episodi alla conoscenza di luoghi e monumenti simbolo di Napoli e del territorio campano,  costruendo  un legame tra la bellezza e la suggestione di quei luoghi e le storie dei singoli episodi filmati, disvelando al contempo ai ragazzi realtà monumentali e artistiche  appartenenti alla loro città, alla storia dell’arte, dell’architettura, del tutto sconosciute sino a quel momento.

Vista con granello di sabbia è riuscito ad accompagnare i giovanissimi  partecipanti alla realizzazione di un loro piccolo grande sogno. Pur nella brevità temporale in cui si è svolta l’esperienza (novembre 2013/marzo 2014), siamo riusciti a costruire un itinerario educativo ad alto tasso di coinvolgimento e di motivazione per tutti gli alunni, perché fare un film li ha resi finalmente partecipi  in prima persona,  gli ha restituito fiducia ed energia, e al contempo fatto scoprire scenari e possibili orizzonti di vita, troppo spesso appannati, se non inesistenti alla loro percezione.

«Vista con granello di sabbia si è sviluppato attraverso la cura di una ventina di studenti, divisi per gruppi ed episodi da girare, un format di visioni seriali che ha portato ognuno dei partecipanti a impegnarsi in un proprio libero esercizio d’immaginazione, tracciando una rotta di lontananza in cui sentire la possibilità di un altro destino. Non per scappare, o far finta di non vedere.»
Giuseppe Carrieri, pressbook di presentazione del film.
7cotugnoAssociazione Cinema dei diritti umani: Presidente Maurizio del Bufalo
“Cinema DOC”, Associazione ”École Cinéma“ Coordinamento: Sabrina Innocenti
Istituto tecnico industriale ‘Galileo Ferraris’, Napoli – Scampia: Dirigente Scolastico Alfredo Fiore
Finanziamento: Assessorato all’Istruzione del Comune di Napoli
Produzione finale: Film ad episodi «Vista con granello di sabbia»
Regia: Giuseppe Carrieri
Referente Progetto “Cinema DOC” e coordinamento didattico: Nicola Cotugno