Cip, mia cara Cip / Grazia e Francesco

Questa raccolta di racconti brevi è dedicata al mio luogo dell’anima, Caselle in Pittari. Immagino che ce ne siano tanti di posti così nel mondo, spero che ognuno trovi il suo, perché si pensa e si fa meglio, dunque si vive meglio. Brevi storie dicevo, piccoli episodi di vita quotidiana che raccontano questa accogliente comunità cilentana. Nella sua storia che cammina la mia amica Giuseppina Guida ha scritto che “Caselle è un crocevia inconsapevole di culture, tradizioni e stratificazioni genetiche, c’è sempre da imparare, non ti annoia mai”. Io la penso come lei e mi piace raccontarlo. Buona lettura.

Logo50_t

L’ULTIMO RACCONTO

9 Gennaio 2024
Grazia e Francesco
Torna ai racconti

Cara Cip, Francesco e Grazia li ho conosciuti domenica a pranzo da Mario Pellegrino. Ero arrivato presto come faccio di solito, in particolare la domenica, quando è entrata questa coppia bella non della bellezza di lui e di lei, che di quella alla loro età ce n’è tanta, della bellezza che fa luce perché è fatta anche di complicità, di serenità, di contentezza.
Mario stava chiacchierando con me, come ti ho detto era presto e Francesco e Grazia erano i primi due clienti veri della giornata, insomma quelli che non sono come me che ormai da quasi quattro ani, a quell’ora, faccio parte dell’arredamento; dopo aver riconosciuto e salutato gli ospiti, li ha fatti accomodare, ha portato l’acqua ed è tornato verso di me per andare a tagliare il pane. Passando, mi ha detto prof., questi due ragazzi arrivano da Bari.
La cosa mi ha incuriosito per molte ragioni, ho finito di mangiare, ho infilato il giaccone, mi sono fermato vicino a Francesco e Grazia, mi sono presentato, ho ricordato che io spesso mangio al tavolo numero 3 e ho chiesto se avevano voglia di raccontarmi perché erano venuti da Bari per mangiare da Zi Filomena a Caselle in Pittari.
Sì cara Cip, certo, ho spiegato che se volevano cominciare a mangiare in santa pace non mi sarei preso collera, ma i due ragazzi sono stati molto gentili, e così Francesco ha cominciato a raccontare che in realtà loro arrivano da Locorotondo, in provincia di Bari, e che l’anno precedente hanno fatto un viaggio in macchina di 20 giorni su e giù per l’Italia così bello che al ritorno si sono tatuati sulla schiena un po’ di tutto: Colosseo, David di Michelangelo, Duono Di Firenze, il viso di Ocean della Fontana di Trevi e altro ancora. Neanche a dirlo, la prima tappa era stata, un po’ per genio e un po’ per caso, Caselle in Pittari, dove avevano dormito, erano stati a mangiare da zi Filomena e si erano trovati molto bene non solo per la qualità del cibo ma anche per l’ambiente, la gentilezza, la maniera in cui erano stati accolti. “E poi ci stanno questi ravioli alla zucca che mi sono rimasti nel cuore”, ha aggiunto Grazia. “E poi l’anno scorso eravamo in due e adesso siamo in tre e non potevamo non ritornare” ha concluso Francesco con due occhi così pieni d’amore verso Grazia che per la bellezza mi stavo mettendo a piangere, ho farfugliato qualcosa tipo “sì, prima ho intravisto un pochino di pancia”, ma era una bugia per sviare l’emozione.
Giuro, avevo già dato la mano a lui e stavo per darla a lei quando ho chiesto “ma non è che vi posso fare una foto e posso raccontare di questo nostro incontro”. Questa invece è la pura verità, non mi ero fermato perché pensavo alla storia, ci ho pensato dopo.
Prima di lasciarti ti confesso una cosa cara Cip, anche se sono solo un casellese adottivo io mi sono sentito orgoglioso che due ragazzi così da Locorotondo sono tornati a Caselle, ti dico di più, mi capita spesso in diversi posti di trovare ragioni per sentirmi orgoglioso di far parte di questa comunità, immagino che capiti anche a te, a me tutto questo mi fa stare contento assai.

Logo50_t
e
I RACCONTI PRECEDENTI

7 Gennaio 2024
Sotto la neve c’è il pane, sotto l’acqua la fame
Torna ai racconti

Cara Cip, stamattina quando sono arrivato al bar di Carmine Torre ho trovato Antonio Fiscina, Antonio Rivello e Antonio Croccia, tre persone che mi sono per diverse ragioni familiari, in particolare Fiscina, che è il co-protagonista del bellissimo documentario che puoi vedere qui, se non lo hai visto già.

 

Finito di fare colazione, mi sono fermato a chiacchierare un poco con loro, chiacchiere che dicono di tutto e di niente, per questo sono belle assai, almeno per me è così, me ne starei delle ore ad ascoltare con curiosità e benevolenza.
Nelle chiacchiere così non manca mai il tempo, a volte quello della vita altre, come oggi, quello metereologico. Piove, di quella pioggia che non è violenta ma sai già che non ti darà scampo, e così a un certo punto ho chiesto se almeno fosse una cosa buona per la terra, sai cara Cip, una cosa che non ti piace però fa bene ti dà una ragione, ti fa sopportare meglio l’ombrello che si piega per il vento, le scarpe e i piedi che si bagnano, l’impossibilità di restare in piazza e compagnia bella.
E invece Antonio Rivello mi ha detto “no!”, un no secco, inaspettato, inappellabile.
“Gennaio deve essere secco, freddo ma secco, gennaio sicco fa il contadino ricco. Come ci hanno insegnato gli antichi la terra deve morire due volte, ad agosto e a gennaio, per poi rigenerarsi. Sapete come si dice?”
“No, come si dice”, ho risposto.
“Sutta a nivi ngè u pani e sutta l’acqua a fami. Sotto la neve c’è il pane, sotto l’acqua c’è la fame”.
Lo immagino cara Cip, è un vecchio modo di dire della cultura, della saggezza, dell’esperienza contadina, mia madre sicuramente lo conosceva, e poi mi è venuto in mente che anche Giuseppe Jepis Rivello avevo fatto un video per il camp di grano con la neve e lo aveva intitolato così, però non è questo il punto, o comunque non è solo questo. Tu pensa nelle gandi città quante persone come me non le sanno queste cose, e pensa soprattutto quante/i bambine/i, ragazzine/i, giovani non le sanno queste cose, e quanto si perdono, ci perdiamo, perché non conosciamo i cicli della natura e della vita, perché non tramandiamo abbastanza la cultura e la saggezza contadina.
Niente, questo è, mi rimane da aggiungere soltanto che prima di salutarli ho chiesto timoroso ai tre Antonio se potevo fare loro una foto e loro invece sono stati molto gentili e mi hanno detto contenti di sì, qui siete tutte/i gentili con me, ma questo lo sai già. Alla prossima.

31 Luglio 2023
Il valore del lavoro. E dei soldi
Torna ai racconti

Cara Cip, mi è sempre piace molto parlare, giocare, anche “lavorare”, con i piccoli, nel senso dell’età. Ricordo che più di 20 anni fa, di fronte all’insistenza dell’Assessore all’Urbanistica del Comune di Casoria che voleva coordinassi un progetto di Urbanistica partecipata, posi come condizione la possibilità di lavorare con una classe di una scuola elementare, con i grandi, sempre nel senso dell’età, è tutto più complicato, tiene ragione Il Piccolo Principe, “gli adulti da soli non capiscono niente”, le cose bisogna ripeterle sempre tante volte.
Tornando a noi, adesso che sto a Caselle per me è ancora più facile avere a che fare con i bimbi, mi piace stare all’Urmu a lavorare o a godermi il fresco e la piazza è il luogo di incontro per eccellenza
per bambini e bambine, ragazze e ragazi di ogni età.
Allora, settimana scorsa, me ne sto seduto sulla panchina in capo all’Urmu, passa un piccolo di 5 anni, piccolo solo nel senso dell’età perché lui è un grande, e gli chiedo se per favore mi va a prendere un bicchiere d’acqua al bar di Carmine. Lui fa finta di non sentirmi con gli occhi che tradiscono un sorriso birbante, io mi alzo, vado al bar e bevo il mio bicchiere d’acqua.
Passano 10 – 15 minuti, si avvicina e mi chiede se ho un euro. Gli rispondo che ce l’ho ma non glielo dò, perché i soldi si guadagnano con il lavoro, soldi a gratis non se ne danno: se lui mi avesse portato l’acqua, l’euro glielo avrei dato, perché lui aveva fatto un piccolo lavoro, portarmi il bicchiere d’acqua.
La mattina dopo sto seduto al bar, lui scorazza per la piazza insieme ad altri piccoli grandi con la bicicletta. A un certo punto si avvicina e mi chiede se ho 50 centesimi. Gli rispondo che non lo so, forse si, guardo nel portamonete e tiro fuori i 50 centesimi. “Eccoli”, gli dico, “però sono un anticipo rispetto a un piccolo lavoro che farai per me, non te li sto regalando, come ti ho detto soldi senza fare niente io non ne do, sono un anticipo, tieni.”
Lui li prende, li mette in tasca, mi guarda come a sfidarmi e mi dice una cosa come “però questi 50 centesimi erano i mei, io li avevo appoggiati qui sulla sedia e adesso non ci sono più.” Trattengo la risata ma non posso fare a meno di sorridere, ma naturalmente non mi scompongo, faccio finta di arrabbiarmi e gli dico “ascolta, non fare il furbo con me, i 50 centesimi sono i miei, e sono un anticipo, punto.” Lui si gira e se ne va.
Pomeriggio dello stesso giorno, sto seduto sulla panchina di fronte alla ex scuola quando lo vedo arrivare. “Professo'”, mi dice, “ti sei scordato i soldi del resto al bar”, dopo di che mi passa i soldi che tiene ben stretti nella mano e se ne va.
Sorrido, lo chiamo quando lui è già arrivato all’altezza di Zi Filomena, gli faccio segno di tornare indietro, lui arriva e mi chiede, con gli occhi furbi, che “che c’è?”, io tiro fuori 50 centesimi e glieli dò. “50 centesimi di anticipo ieri e 50 oggi fanno un euro. Sono per il lavoro che hai fatto portandomi il resto.” Lui mi guarda serio come l’ho visto poche volte, si gira e se ne va.
Cose che accadono a Cip. Solo a Cip.

Logo50_t

26 Marzo 2023
Ciao Bruno
Torna ai racconti

Cara Cip, è un’ora che scrivo, cancello e riscrivo questo primo rigo, ogni parola o frase mi sembra troppo poco, banale, inutile. È stato così quando ho perso i miei genitori, è stato così quando ho perso mio fratello Gaetano, è così quando perdi un amico, soprattutto quando sono più piccoli di te, come nel caso di Gaetano e di Bruno.
Già, Bruno. Quando domenica scorsa Giuseppe mi ha chiamato per dirmi che non c’era più ho avuto la tua stessa reazione, cara Cip, incredulità e dolore, tanto dolore. In più, il senso di colpa perché non ero qui e non sarei potuto tornare prima di martedì sera.
Mi sono preso un po’ di tempo prima di scrivere questo piccolo ricordo, ma non posso fare a meno di farlo, le persone fino a quando le raccontiamo continuano in qualche modo a vivere con noi, lo vedo con i miei genitori e con mio fratello, papà per tenerlo con me tutti i giorni l’ho raccontato anche sul mio zaino. Sarà così anche con Bruno, cara Cip, il racconto è un’altra via che abbiamo noi umani per essere immortali.
Del sorriso di Bruno hanno già scritto in tante/i, e io sono felice di unirvi a loro, perché non è che le persone che sorridono non hanno giorni tristi, o dispari, come diceva il grande Eduardo, è che la tristezza e i problemi se li tengono dentro, e agli altri regalano il loro sorriso, sta qui la grandezza delle persone come lui.
Insieme al sorriso di Bruno mi mancherà la sua ironia, la battuta sempre pronta, era inutile sfidarlo su quel terreno, vinceva sempre lui, e finiva sempre tutto in una bella risata. E poi ancora la sua disponibilità sincera, sempre pronto a dare una mano, a risolvere un problema, in qualunque contesto, quello professionale, il cambio del medico alla ASL, e in quello umano, la verdura per Cinzia o il pranzo durante il Palio del Grano.
Già, il Palio, neanche me lo ricordo più perché quando sono arrivato qui per il primo Palio, quasi 10 anni fa, mi sono aggregato al Rione Taverna, forse perché qualcuno mi aveva detto che era il posto dove si mangiava meglio. Da lì è nata l’amicizia, l’identità, il riconoscersi, Cinzia un anno ha anche partecipato in maniera attiva, e io sono diventato un ultras del “mio” Rione, e Bruno con suo fratello Dino sono stati sempre in prima fila. Ricordo che l’anno scorso, al nostro tavolo, sono arrivati tantissimi ospiti, con Brunop che appena vedeva qualcuna/o che girovagava in cerca di una sistemazione ci diceva “amici stringiamoci un po’”, “prego sedetevi qua”, “ci sta da mangiare per tutti”, uno spettacolo.
Ora lo so cosa stai pensando cara Cip, quando una persona cara come Bruno non c’è più finisce che si raccontano sempre solo le cose belle, dopo morti diventiamo tutti Santi. Invece no, mi dispiace ma non mi lego a questa schiera, Bruno aveva anche un grandissimo difetto, era Juventino, però si sa, come dice Osborne a Jack Lemmon nel film “A qualcuno piace caldo”, nessuno è perfetto.
Ecco, direi che mi posso fermare qui. Per ora.

6 Gennaio 2023
L’ultimo dell’anno a Caselle
Torna ai racconti

Cara Cip, il nostro primo veglione a Caselle in Pittari è stato bello assai, ci tenevo a dirtelo, Cinzia non so quante volte me lo ha ripetuto che è stata proprio bene, e insomma meglio di così non poteva andare.
Per la verità Cinzia e io abbiamo deciso di venire all’ultimo momento, forse anche per questo è stato così bello, perché non era programmato. Al principio ce ne volevamo stare a Bacoli, il concerto di Enzo Avitabile e dei Bottari ci attirava molto, e a un certo punto abbiamo pensato anche di andarcene a Firenze, con il nostro amico Giancarlo Carniani che quando glielo ho detto si è offerto subito di cenare insieme e di essere suo ospite per la notte, ma Cinzia ha insistito per Cip, soprattutto dopo che Giuseppe e la sua famiglia ci hanno invitato a trascorrerlo con loro. “Ho bisogno di stare in famiglia, tra amici”, mi ha detto a un certo punto, e così intorno a mezzogiorno ci siamo messi in auto e siamo venuti.
Niente, alla voce amicizia è meglio che mi fermo qui, non solo perché altrimenti mi commuovo tanto siamo stati bene, ma perché in realtà ti ho scritto per raccontarti quello che abbiamo fatto dopo la mezzanotte, dopo il cenone, i fuochi e tutto il resto.
È stato Felice Citera, il marito di Teresa, la sorella di Giuseppe, a parlare di questa tradizione, e io appena ho capito di che cosa si trattava ho proposto a Cinzia di farci il giro anche noi, e così abbiamo fatto.
Il punto di ritrovo era alla Pantanedda, il rione dove sta la Bottega di Giuseppe, e noi lì ci siamo diretti e lì abbiamo trovato Felice e Vito Risoli, i due cantori – banditori, insieme a Vincenzo Pisano, Michele Barbella, Giuseppe Pisano, Antonio Pellegrino, Francesco Sabato, Emilia Fiscina, e Desiree Fiscina, i/le 7 musicisti/e. A seguire, Giuseppe, Cinzia e io.
La tradizione funziona così: la banda suona per tutto il paese, e si ferma quasi sotto ogni palazzo, dopo di che a turno Felice e Vito fanno gli auguri elencando tutte le persone e le famiglie che abitano in quella determinata casa e palazzo, e ai loro amici.
Mi devi credere amico Diario, è stato bellissimo, a volte i balconi restano chiusi, altre volte le persone si affacciano, a volte ti aspettano sull’uscio di casa, altre volte ti invitano a entrare e ti offrono qualcosa da bere o da mangiare. Non ti dico poi l’emozione che abbiamo provato più tardi, Cinzia e io eravamo tornati a casa perché avevamo freddo e stavamo preparandoci per andare a letto, quando abbiamo sentito la musica, abbiamo aperto la porta e hanno fatto gli auguri nella maniera tradizionale casellese anche a noi. Ci siamo commossi e abbracciati, e io quasi non stavo nella pelle quando Vito, dopo avermi salutato, mi ha detto che l’anno prossimo insieme a lui e Felice a dare gli auguri alle famiglie devo esserci pure io.
È quasi tutto amica mia, ti lascio con il link al video dell’augurio a tutti i casellesi del mondo, all’Urmu, e il testo dell’augurio a ogni singola famiglia: “Boni festi e buonu capurannu a (qui i nomi dei componenti della famiglia, i figli, ecc.) e a tutta a cumpagnia a suria”.

28 Dicembre 2022
ABCip
Torna ai racconti

Cara Cip, come puoi vedere dalla locandina questa sera, a Cip, alle 18:00, nell’Aula Consiliare, si presenta ABCip, Piccolo Dizionario del Dialetto Casellese, a cura di Elisabetta Giudice e Annarita Ettorre, edito dalla Collana LavoroBenFatto.
Per ora, ti voglio dire soltanto che sono contento assai. Sono contento come casellese d’adozione, il fatto che la comunità nella quale ho scelto di vivere abbia un dizionario con oltre 4 mila vocabili che racconta la propria lingua mi riempie di orgoglio. Sono contento come narratore di storie di lavoro ben fatto, perché il lungo e appassionato lavoro delle due curatrici, la Maestra Elisabetta e Annalisa, con l’ausilio degli ispiratori e del gruppo di lavoro nato nella comunità, è stato davvero eccellente. Sono contento come co-ideatore della Collana LavoroBenfatto, perché ABCip arricchisce questa nostra esperienza di un testo di consultazione e di studio molto importante.
Ecco, direi che per ora mi fermo qui, con l’augurio che questa sera la Sala Consiliare sia traboccante di donne e uomini casellesi orgogliosi e partecipi di questo dizionario. Come ha scritto un grande poeta e scrittore napoletano, Libero Bovio, “I dialetti sono eterni. Gesù parlava in dialetto. Dante scriveva in dialetto. Il Padreterno, in cielo, parla in dialetto.” Buona partecipazione.

29 Luglio 2022
CIP RUN
Torna ai racconti

Cara Cip, Domenica 31 Luglio si corre la seconda edizione della Cip Run, avevo visto la locandina in giro, poi un po’ di pomeriggi fa ho incontrato Luca Pellegrino e Michele Savino Tancredi che stampavano freccete fosforescenti sui tombini di via Indipendenza, nel paese vecchio, e così stamattina sono andato da Luca. Sono arrivato al negozio che mancavano pochi minuti alle 9:00, Luca l’ho trovato iperatiivo come sempre, gli ho chiesto di fare lui la registrazione perché come sai io una volta sì e l’altra pure faccio pasticci e siamo partiti. A proposito, siamo stati interrotti solo 4-5 volte e ti assicuro che è stata una bella fortuna.

Luca Pellegrino
Allora prof., comincio dall’inizio, dal fatto che l’idea è nata in un gruppo di 5 amici che abbiamo la passione per la corsa, a piedi, con la bici o anche tutte e due. Siccome abbiamo alle spalle tante gare fatte con passione, abbiamo anche qualche capello bianco ma continuiamo a gareggiare, qualche anno fa, prima del Covid, ci siamo detti perché non farlo anche noi a Caselle, e così è nata la prima edizione, che ha avuto una partecipazione che è andata oltre le nostre aspettative, ha avuto più di 130 partecipanti. Appena le condizioni lo hanno permesso, eccoci con la seconda edizione, le passioni sono passioni caro prof., e quando sono così profonde e radicate non ti abbandonano mai.
Come vi ho detto siamo in cinque, Michele Savino Tancredi, Michele Loguercio, Giuseppe Fiscina, Nicola Risoli e io.
Perché lo facciamo? Perché ci piace condividere, trasmettere, comunicare la nostra passione per la corsa, per la bicicletta, per l’attività sportiva. La gara è importante prof., poi magari ci torno, ma quello che è più importante ancora è muoversi, fare esercizio, trovare la voglia di misurarsi con i propri limiti e con quelli degli altri. Vedete, secondo noi a Caselle sono troppo pochi quelli che si impegnano in queste attività, che non fanno bene solo al fisico, che già quello basterebbe, ma fanno bene anche al carattere, allenano al sacrificio, alla fatica, all’impegno, tutte cose di cui abbiamo bisogno noi e di cui hanno bisogno i nostri figli. Permettetemi se faccio un riferimento personale, ma io auguro ai miei figli, che hanno 8 e 4 anni e naturalmente sono iscritti alla corsa, di acquisire queste caratteristiche, perché significa che cresceranno più forti e saranno più capaci di realizzare i loro sogni.
Detto ciò, aggiungo che un primo risultato lo abbiamo già avuto, c’è un aumento dei ragazzi e più in generale di persone che la mattina presto e la sera si allenano e si preparano alla gara, per carità, è un piccolo risultato, però siamo contenti, in qualche modo siamo artefici di questo movimento e, da appassionati, ne siamo orgogliosi.
Prof., mi dovete credere, ci vuole tantissima passione per organizzare una cosa di questo tipo. Ci sono questioni burocratici da affrontare che non vi dico, c’è l’aspetto della sicurezza, che naturalmente richiede la massima attenzione, ci stanno i mille aspetti organizzativi, dai rifornimenti di acqua alla segnaletiche, perché altrimenti le persone che arrivano da fuori e non conosconola zona possono smarrire la direzione di marcia, a noi non è capitato ma siamo giovani come competizione, da altre parti invece sì, e poi c’è questa sensazione di essere perennemente in ritardo che non ti abbandona mai, è uno stress continuo, nonostante siamo partiti da parecchie settimane non vi dico come stiamo adesso che mancano due giorni.
A proposito, non vi ho detto ancora che tutto questo è in collaborazione con la società ASD Caselle e che sono previste tre fasce di partecipazione, tutte con partenza e arrivo all’Urmo, la piazza che come sapete è un po’ il cuore di Cip. La prima gara riguarda i bambini da 0 a 11 anni (da zero perché possono partecipare anche le mamme con le carrozzine), la partenza sarà intorno alle 17:30 e la lunghezza è di 1 km, da percorrere completamente nel paese, in buona sostanza il cerchio di via Indipendenza. La seconda vedrà impegnate/i ragazze e ragazzi dai 12 ai 16 anni, sarà lunga 2,3 km e dopo il giro di via Indipendenza si dirigerà verso la Taverna, poi ai giardinetti e ritorno in piazza. Infine c’è la corsa senior, se vogliamo dire così, che è lunga 9 km e naturalmente si estende verso la periferia, che poi per la nostra piccola comunità è in pratica la campagna.
Fatemi insistere su questa cosa dei più piccoli prof., che per noi è l’aspetto più importante della giornata, perché non vorremmo sembrare presentuosi ma per noi l’aspetto educativo è il più importante di tutti. Se non cominciamo dai più piccoli, quello che stiamo facendo non ha senso e la stessa Cip Run non ha futuro, noi vogliamo contribuire a realizzare un piccolo grande cambiamento, e sono le generazioni più giovani quelle che davvero lo possono determinare. Vedete, non a caso nelle prime due categorie tutti i partecipanti avranno una medaglia, poi naturalmente chi vince avrà la coppa, ma tutti porteranno a casa la medaglia, come simbolo della voglia di esserci, di sentirsi parte di una comunità che condivide molti valori e tra questi quelli dell’amicizia e della sana competizione che sono tra i muri maestri dello sport.
Sottolineato questo, posso aggiungere che nella categoria senior parteciperanno atleti davvero degni di questo nome. Vi racconto un episodio di cui sono stato personalmente testimone la volta scorsa. Io ero con la mia mountain bike su una salitona, e come sapete con la bicicletta me la cavo, e a un certo punto l’atleta che vinse mi sorpassò, ovviamente a piedi, come se stesse con la bici elettrica. Ricordo che restai senza parole, ma è la verità.
Ci stanno salite diverse ma in tutti e tre i percorsi prof., un po’ di selezione ci vuole, anche l’aspetto educativo passa come vi dicevo per la necessità di fare fatica e di misurarsi con le proprie possibilità. Diciamo che da questo punto di vista c’è un doppio e complemetare messaggio che vogliamo comunicare: il primo è quello che ci ricorda che l’importante è partecipare, educarci allo sport e ai suoi valori; il secondo è che tenere fede allo sport e ai suoi valori vuol dire anche dare il meglio di sé, impegnarsi al massimo per ben figurare.
Detto questo, ritorno sulla questione principale che alla Cip Run si vince già partecipando, anche i premi sono organizzati così, ci sono moltissime targhe per premiare non solo i vincitori ma anche il più giovane partecipante, il più vecchio, e tanti altri ancora, credo siano oltre 15 premi. E voglio sottolineare che ciascuna targa è stata realizzata a mano da Michele Savino Tancredi, penso che anche questo sia un valore aggiunto di non poco conto.
Un’altra cosa che vorrei sottolineare è che il circuito è stato pensato per far conoscere Caselle non solo alle persone che verranno da fuori, ma anche a un po’ di casellesi, perché non tutti conoscono i luoghi e i percorsi della nostra comunità, credo nemmeno voi, che pure camminate spesso a piedi. E ribadisco che possono partecipare tutte/i, anzi hanno già partecipato tutte/i, è già accaduto con la prima edizione, non c’è nessun limite di età, di genere, di niente. Nei punti più difficili si più camminare, comunque c’è la soddisfazione di arrivare.
La verità è che le emozioni cominciano dall’allenamento (mio figlio Pietro che come vi ho detto tiene 4 anni insiete per allenarsi tutti i giorni, in alcuni tratti lo porto in braccio, ma non importa), non vi dico quando i più piccoli si attaccheranno il pettorale. Prof., io mi emoziono ancora oggi che ho più di 40 anni, ho fatto una gara a Giugno e mi sono emozionato, e mi emozionerò quando lo attaccherò a mio figlio, e ci saranno tanti genitori che si emozioneranno, e anche gli adulti.
Finisco dicendo che facciamo parte di un circuito che si chiama Maratona del Cilento, l’augurio dunque è che i più piccoli non corrano solo la Cip Run ma si iscrivano anche alle altre tappe, e come vedete torniamo all’aspetto educativo. Correre è bello e fa bene, anche se comporta sacrificio, un sacrificio che però fa bene e insegna tante cose. Speriamo tanto che sia una festa, una festa dalla quale tutti possiamo impare delle cose, a cominciare dai più piccoli.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Ecco cara Cip, questo è il racconto di Luca e questo è tutto, anzi noi ho ancora due piccole cose da dirti prima di lasciarti.
La prima è che mi sono iscritto alla corsa. Un’iscrizione vera, di testa e di cuore anche se non di gambe, che non ce la farebbero a reggere la corsa, ma la testa e il cuore bastano a farmi sentire parte di essa, e perciò sono molto contento di averlo fatto.
La seconda è che ogni volta che l’acronimo Cip esce fuori dai confini nei quali è nato sono felice, e non serve aggiungere altro, solo che le parole hanno tanto più senso quanto più sono condivise. Alla prossima.

27 Luglio 2022
LA GENOVESE DI MARIO
Torna ai racconti

Cara Cip, è successo qualche giorno fa, mi sono dovuto riprendere prima di raccontartelo, stavo così sconvolto che non sarei stato credibile.
Come dici amico Diario? Che cosa mi ha sconvolto così tanto? La genovese di Mario Pellegrino, una meraviglia, una crema, ancora adesso che ci ho pensato e ripensato su non tengo dubbi, la migliore che abbia mangiato in vita mia.
Sì caro Diario, tieni ragione, vado pazzo per la genovese e anche per la cucina di Mario e di zia Grazia, sua madre, e allora? Su Mario e zia Grazia non dico niente, tu vieni qua che sei ospite mio e vedi quello che mangi e come lo mangi, che l’ultima volta che Cinzia ha mangiato le patate all’insalata, non so se mi spiego, le ha trovate così buone che le ha mangiate per antipasto, primo e secondo, non ti dico quando metti mano ai cavatieddi con zucca, pomodorini e provola o al ragù o a qualunque altro piatto del menù, tipo la zuppa d’orzo, alla fine accade quando le cose che mangi sono buone e sono cucinate con maestria. Per quanto riguarda il fatto che vado pazzo per la genovese è vero, ed è vero anche che questo non fa di me per forza di cose un intenditore, però di certo sono molto esigente, e tieni presente che l’ho mangiata nella settimana più calda del 2022 e non avuto neppure un accenno di pesantezza, di fastidio, niente. Comunque fai come vuoi tu, alla fine non è che ti sto chiedendo di fidarti di me, ti sto dicendo solo che ti aspetto, che se mi vieni a trovare ti porto a mangiare da Mario, così l’esperienza la fai da te, e poi vediamo cosa mi dici.
Ti lascio con una foto di Mario corridore, insieme alla moglie Isabella, io e il mio amico Antonio Citera li abbiamo incrociati mentre facevamo una passeggiata un paio di sere fa. Alla prossima.

1 Giugno 2022
MA CHE MUSICA MAESTRO
Torna ai racconti

Cara Cip, ieri sera mi hai regalato proprio una bella serata, grazie al saggio musicale di fine anno delle ragazze e dei ragazzi del Corso ad Indirizzo Musicale Laboratorio di Musica della Scuola Secondaria di I Grado dell’Istituto Comprensivo Statale Teodoro Gaza Plesso di Caselle in Pittari.
La musica strumento di pace e di rinascita, questo il titolo dell’iniziativa, questo il messaggio e questo quello che abbiamo vissuto grazie alla bravura delle ragazze e dei ragazzi e delle/dei loro insegnanti e al clima di partecipazione che ha coinvolto tutti, dalle famiglie al personale della scuola a ogni livello.
Sì cara Cip, mi sembra giusto tenere assieme le due cose, la bravura degli interpreti e la forza del messaggio dopo questo periodo così lungo e complicato condizionato dalla pandemia e adesso anche dalla guerra.
Una piccola grande occasione per riaffermare tutti assieme il valore della pace e della rinascita, come hanno sottolineato il Preside Corrado Limongi e il Sindaco Giampiero Nuzzo, una piccola grande festa di liberazione e di gioia ricca di senso e di significato per una comunità che vuole comunicare, con l’aiuto della musica, la sua voglia di incontrarsi, di abbracciarsi, di vivere un futuro più bello, più giusto e più sereno per se stessa e per tutti i popoli del mondo. Sì, una piccola grande festa di liberazione e di gioia, come quando il Preside e il Sindaco si sono messi a cantare un pezzetto di Azzurro. Un momento insolito e bello, insolito come il periodo che stiamo vivendo, bello come la bellezza che vogliamo e dobbiamo ritrovare.

24 Dicembre 2021
BUON NATALE CARA CIP, E …
Torna ai racconti

Buon Natale cara Cip, e grazie per l’amicizia, la gentilezza e il rispetto con cui mi hai accolto fin dal primo giorno che ti ho conosciuta.
Grazie per le tue storie, che danno più valore, senso agli anni che ho vissuto e a quelli che mi restano.
Grazie per la tua voglia di conservare e di innovare, che forse il senso sta proprio lì, nella nostra quotidiana relazione con ciò che cambia e ciò che permane.
Grazie per la tua laboriosità, che per uno che ha scelto “lavoro” come una parola chiave della propria esistenza è una continua fonte di ispirazione, e grazie anche per il cuore che tante volte metti in quello che fai, che insieme alle mani e alla testa ci vuole pure quello per fare un lavoro ben fatto.
Grazie per le tue voci e i tuoi sorrisi, e grazie anche per le tue lacrime, che anche quelle fanno parte della vita vera di una comunità.
Grazie per le persone che hai portato nella mia vita, che oggi è più ricca di senso e di significato. Quello che posso fare io non sarà mai abbastanza, però lo faccio con tutto l’amore e la riconoscenza che ho.
Buon Natale cara Cip, spero che il 2022 ti aiuti a realizzare un bel po’ dei tuoi sogni e delle tue possibilità.
Ti voglio bene,
vincenzo

Logo50_t

4 Novembre 2021
CACETTA
Torna ai racconti

Cara Cip, da due giorni qui a Cip è stato piantato un altro chicco di lavoro ben fatto, un chicco fatto come piace a me, con la testa, con le mani e con il cuore, un chicco pieno di amore per quello che si fa e del piacere di farlo bene. A piantare la nuova attività, Cacetta Photo e Video, è stato, con il supporto della sua splendida famiglia, Giuseppe Cacetta Pellegrino, appena vieni ti ci porto, sta di fianco al Mulino, è bello e accogliente proprio come deve essere un posto così, e anche di più.
Come dici? Sì, hai ragione, lo so bene, è da tanto che Giuseppe ci sta lavorando, il chicco è stato seminato tempo fa, oggi Cacetta Photo e Video è già una piccola pianticella, ma forse non importa, quello che mi sembra importante è che Giuseppe, in questo tempo non proprio facile, getta il cuore oltre l’asticella e scommette sulla possibilità di restare, di avviare una propria attività, contando su quello che sa e sa fare, che è tanto, non solo nel campo della fotografia e della produzione video. Ecco, il messaggio bello mi sembra questo, che si può fare, si fa, scommettendo su se stessi e sulla propria voglia di aggiungere valore alla propria comunità, a partire da Caselle e dal Cilento, ma senza fermarsi qui.
Mi fermo, ti lascio con due pensieri e qualche foto che Giuseppe ha condiviso sui social:
“Il mio logo per me più che un logo è un marchio di famiglia, un nome che porto avanti da sempre, fiero e onorato di essere un Cacetta. Quello che vedete è stato scritto su un foglio da mio nonno, il Cacetta originale.”
“Gioie, dolori, fatica, emozioni, stress, documenti, attese, tanto lavoro e tanta passione, ma ecco qua, sono lieto di presentarvi il mio sogno, il mio studio Cacetta Photo e Video. Curato nei minimi particolari, per far si che chi entra si senta a casa, si senta in un posto che mi rappresenta, che esprime due caratteristiche che mi descrivono, calore e passione.”

19 Ottobre 2021
DDOJE BUSTE
Torna ai racconti

Cara Cip, ieri verso le 18:00 sono uscito per andare da Pasquale Salamone a ritirare il secondo mazzo delle carte del lavoro ben fatto, quelle da spedire a Laura Ressa, cosa che ho fatto oggi. Prima di uscire, avevo chiesto a Michele Croccia se stava in Pizzeria, ma non mi aveva risposto.
Arrivato da Pasquale ho ritirato il pacchetto, gli ho chiesto una busta imbottita per la spedizione e ho cercato di dargli, per i 2 mazzi di carte, il 20% in più di quello che mi aveva chiesto, già quando avevo ritirato il primo mazzo mi aveva colpito la qualità del lavoro e mi ero fatto il calcolo dividendo la somma totale per le 108 carte da stampare, ritagliare e plastificare una per una, ed era venuta fuori una cifra per carta che secondo me è troppo bassa, e gli volevo dare qualcosa di più, ma lui ha gentilmente rifiutato, sottolineando che lui il suo lavoro lo aveva fatto con cura a prescindere, non dipendeva dalla cifra, perciò quello che avevamo pattuito andava bene.
L’ho ringraziato di cuore e stavo per uscire – a proposito, Pasquale la busta imbottita non me l’ha fatta pagare – quando è squillato il telefono, era Michele, mi ha detto che sì, stava in pizzeria, che più o meno sta di fronte a Pasquale, e così gli ho detto che stavo andando.
Sono arrivato e l’ho trovato che stava armeggiando con alcune pizze in teglia, “Vincenzo”, mi ha detto, “approfitto dell’ultimo giorno di ferie prima della riapertura di domani (oggi) per fare qualche altra sperimentazione, ci sta sempre da crescere e da imparare”.
“Per fortuna Michele che possiamo sempre imparare”, gli ho risposto, “sono passato a salutarti, tengo un poco di tosse e me ne torno a casa”.
“Aspetta, non correre, ti dò un po’ di miele che faccio io, che quello ti fa beme”.
“Perché tu fai pure il miele?”
“Certo, per uso proprio, ma tu fai parte del proprio, ti prendo un barattolo …”
“Mi basta un bicchiere piccolo …”
“Facciamo così ecco questo bicchiere grande da caffè, te lo metto qua, così ti basta per oggi e domani, te lo chiudo per bene e te lo metto in una bustina, quella della ‘mbosta, ti metto pure due pezzi di pizza, un poco di miele mangialo sulla pizza, che pure è buono”.
Questo è caro Diario, non aggiungo altro, penso che quello che voglio dire con il racconto di Pasquale e di Michele si capisce da sé. Se proprio devo aggiungere una cosa aggiungo che anche qui non tutte le giornate sono rose e fiori. Caselle è un posto vero, non sta in una fiaba, e io con i miei 66 anni e i miei pensieri vivo, come tutti, insieme ai giorni pari anche quelli dispari, come direbbe Eduardo. Però a Caselle è più facile che anche in un giorno dispari accadano cose come queste, cose che ti aggiustano la bocca come un buon caffè, dopo di che veramente ti saluto, altrimenti poi dici che io con Cip sono fissato e va finire che litighiamo. Alla prossima.

Logo50_t

6 Ottobre 2021
GIOVANI DENTRO, UNA RICERCA PER RIABITARE L’ITALIA
Torna ai racconti

Cara Cip, Venerdì e Sabato 8 e 9 Ottobre, accade una cosa bella assai. Si chiama Giovani Dentro, Una Ricerca per Riabitare l’Italia, appena puoi fatti un giro sul sito dell’Associazione Riabilitare l’Italia.
Detto in estrama sintesi, verranno presentati i risultati della ricerca-azione Giovani Dentro, che tradotto come piace a noi vuol dire che ci saranno due belle giornate di approfondimento e discussione con giovani, associazioni, ricercatori per presentare, discutere, riflettere insieme sulle opportunità e le sfide per chi decide di tornare o restare a vivere nelle aree interne montane e rurali italiane.
Sì, sono d’accordo amico mio, anche perché dietro queste due giornate qui ci sta un lavoro di ricerca durato un anno. Proprio così, la ricerca è stata finanziata da Fondazione Peppino Vismara e Coopfond, e realizzata in partnership con il CREA per la Rete Rurale Nazionale, il GSSI, EURAC Research, CPS e l’Osservatorio Giovani dell’Università di Salerno.
Posso aggiungere che ci sono tante ragioni che mi fanno essere contento che tutto questo avvenga a Cip?
Tra le altre cose che accadranno ci sarà il dialogo dell’Associazione Riabilitare l’Italia con i giovani casiddesi, che avrà anche l’occasione di conoscere il progetto di filiera corta del Monte Frumentario, che come sai mira al recupero, alla produzione e alla trasformazione di varietà di grano locale.
Prima di salutarti ti voglio segnalare ancora una cosa, una piccola cosa rispetto alle cose belle che accadranno venerdì e sabato che però per me ha molto senso, attiene alle riflessioni che in Jepis Bottega da tempo facciamo su questo tema, gli abbiamo dedicato una parte di Parole Forgiate e l’abbiamo affrontato anche in una conversazione sulla nuove residenzialità nella quale mi ha coinvolto Jepis, che anche se io non sono più giovane da tanto tempo mi è piaciuta molto, mi ha aiutato a riflettere sul perché ho deciso di vivere a Caselle, te la metto qui, magari quando hai qualche minuto te la senti.

17 Agosto 2021
IL MELONCINO DI ANNALENA
Torna ai racconti

Cara Cip, questa storia comincia stamattina, mentre Cinzia e io camminavamo per via Indipendenza all’altezza della casa di Pierpaolo e Annalena, abbiamo salutato la ragazza che stava sull’uscio e lei non solo ha risposto ma ci ha chiesto se ci faceva piacere mangiare un po’ di verdure dell’orto. Cinzia le ha sorriso, e ha declinato l’invito, spiegando che a me durante le ferie non piace mangiare a casa, dopo di che sono intervenuto io, spiegando che se mangiamo a casa le ferie le faccio solo io, perché Cinzia continua a fare una parte di quello che già fa tutto l’anno.
Credo di aver visto un cenno di assenso negli occhi di Annalena, ma non sono sicuro, dopo di che siamo andati al mare e al ritorno ci siamo fermati come facciamo ogni volta al bar di Carmine e Demetria per un caffè. Erano le 14:30, ma oggi è stata una giornata speciale, perché adesso arriva uno, adesso arriva un altro, si sono fatte le 18:00 prima che prendessimo la strada di casa.
All’altezza del numero 12 abbiamo ritrovato Annalena, Pierpaolo e altre 2 ragazze, ci siamo salutati, Annalena ha chiesto se volevamo bere qualcosa di fresco, Cinzia ha detto no, io ho chiesto per cortesia un bicchiere d’acqua, Annalena è entrata in casa e ne è riuscita con in una mano il bicchiere d’acqua e nell’altra il meloncino che vedi nella foto.
“Questo meloncino è di Pierpaolo e mio”, ha detto rivolta a Cinzia dopo avermi porto il bicchiere, “questo lo puoi prendere, lo abbiamo seminato noi, è piccolo ma buono, e non lo dovete cucinare”.
Come dici caro Diario? Accadono tutte a me? No, accadono tutte a Cip, però fatti dire con un pizzico d’orgoglio che Annalena è napoletana, forse non è un caso che dopo essersi innamorata di Pierpaolo si è innamorata pure di Cip, comunque l’idea delle persone belle che si incontrano in una comunità bella mi piace assai, anche per questo te l’ho voluto raccontare.

10 Agosto 2021
IL RISO DI NATSUKI IL MOTOZAPPA DI DINO
Torna ai racconti

Cara Cip, fa caldo anche qui, non come a Bacoli o a Napoli, ma fa caldo anche qui, del resto è il tempo suo e lo deve fare. Come ogni gorno anche ieri con Cinzia siamo stati al mare e dopo pranzo ce ne siamo saliti a Caselle, il caffè da Carmine Torre e due chiacchiere con un nuovo amico, Roberto, fino a che è spuntata Natsuki, che è tornata a trovarci, e ci ha portato in regalo del buonissimo riso con il limone come si fa nella sua città, in Giappone, e poi dopo Natsuki sono arrivati Arnaldo, Giuseppina e Jepis. Siamo andati avanti in belle chiacchiere per un po’ e poi Cinzia e io siamo tornati a casa. Siamo riusciti come facciamo sempre intorno alle 18:30 e in capo all’Urmu abbiamo trovato Dino e Antonio. Ci siamo seduti un po’ con loro sperando di rubare qualche refola di vento e a un certo punto è venuto fuori il motozappa, e a me è venuto in mente l’Ape Piaggio con il quale da bambini andavamo alla Madonna dell’Arco, aspetta che dovrei tenere una foto che se la trovo te la faccio vedere, stiamo fuori al Santuario io, mio fratello Antonio, mia mamma Fiorentina e nonna Antonietta, io e Antonio abbiamo il cappellino e il maglioncino con gli spillini della Madonna.

nunzia40

Tornando a Dino e al motozappa, a un certo punto non ricordo più come è stato, se l’ho tirato fuori io oppure lui ma insomma è partita l’idea di salire sul cassone e di farci portare alla pineta.
All’inizio sembrava una cosa stramba, ma poi in realtà si è convinto pure Antonio e siamo andati, Cinzia con Dino nella cabina di guida e io e Antonio dietro.
Ti giuro che è stato bellissimo, grazie ad Antonio ci siamo messi in piedi e il vento in faccia si è confuso con quello dei ricordi, credo di aver sorriso per tutto il percorso, Cinzia dalla cabina ha fatto qualche foto tipo selfie, qualcuna te la metto qui, così ti fai un’idea.

Visto, che ti ho detto? Sto felice come una Pasqua, a volte bastano piccole cose, magari sempre dovrebbero bastare piccole cose, e poi te l’ho detto, i ricordi, insomma a volte bastano piccoli momenti a raccontarci il senso dell’amicizia, del gioco, della complicità, della bellezza.
Come dici amico Diario? Sì, sì, al ritorno Antonio, Cinzia e io ci siamo fatti una passeggiata a piedi, abbiamo incrociato anche Angela, la moglie di Antonio, alle prese con la sua corsetta giornaliera. Alla prossima.

21 Luglio 2021
LE BUONE MANIERE DI GABRIEL E LA PIZZA DI ALFONSO
Torna ai racconti

Cara Cip, ieri pomeriggio sono tornato, abbastanza provato, ma ho fatto comunque in tempo a salutare un po’ di amici e a mangiare una pizza alla Pietra Azzurra, una magnifica margherita con bufala, me l’ha fatta Alfonso Croccia, sì sì, hai letto bene, Alfonso non Michele, naturalmente sta dentro un percorso di apprendimento, ma come diceva mio padre “tale albero, tale frutto”, lui lo diceva in napoletano, ma il senso è questo, buon sangue non mente.
Questa mattina ero al lavoro in bottega con Jepis quando è passato il nostro amico Arnaldo, da lì alla pausa caffè è stato un attimo e mentre ce ne stavamo seduti è arrivato pure Michele, della serie “più bella cosa non c’è” alla voce caffè con gli amici. Finita la pausa, tutti sono tornati alle loro cose mentre io me la sono presa più comoda, un poco perché mi aveva chiamato Cinzia e stavamo parlando a telefono, un poco perché oggi più che mai ho voglia di vivere comodo, una comodità che non ti impedisce di fare tutto quello che devi fare, ti aiuta solo a non essere sopraffatto dalle cose che devi fare.
Avevo appena finito di telefonare quando è arrivata la mia amica insegnante Maria Torre con il piccolo Gabriel. Maria insegna a Milano in una scuola elementare, ci siamo salutati, ho chiesto del marito, Bernar Andre, mi ha detto che per ora sta su a Milano perché aveva delle faccende da sbrigare, dopo di che lei e Gabriel si sono dirette nel bar e io ero lì lì per tornare in bottega.
Mi stavo per l’appunto alzando quando ho sentito il bimbo che diceva “vorrei quel pasticcino al cioccolato, per piacere”. Mi credi amico Diario? L’ha detto così educato, ma così educato che ho pensato che te lo dovevo raccontare e mi sono seduto di nuovo. Sì, sì, lo so, “vorrei” al posto di “voglio” dovrebbe essere normale, e pure il “per piacere”, il fatto è che dovrebbe essere, ma non è normale, e mica solo tra i bambini e i ragazzi, anche tra i “ciuccioni” adulti.
Va bene, non ti preoccupare, non la faccio lunga, aggiungo solo che ho chiesto il permesso di fare una foto a Gabriel di spalle, l’ho fatta, ho ripreso a fare una chiacchiera con la mamma, ho visto il bimbo mangiare con grande soddisfazione il suo pasticcino al cioccolato dopo di che ho salutato mamma e figlio e sono tornato contento in bottega. C’è speranza amico mio.

gabriel

7 Luglio 2021
COME DALLA NOTTE AL GIORNO
Torna ai racconti

Cara Cip, questa volta non voglio storie per il titolo, non sono io che sono troppo esagerato, sei tu che sei troppo unica.
Punto uno, qui a Cip neanche se mi siedo su una pentola con l’acqua che bolle patisco lo stesso calore che ho patito a Napoli prima e a Bacoli poi. Il mio hashtag metropolitano è #squagliamentolento, ma una lentezza che è peggio della velocità, nel senso che non finisce mai.
Punto due, a Napoli – Bacoli solo in determinati e limitati contesti le persone sono persone, per il resto sono numeri, qui le persone sono persone sempre. Come dici? È una naturale differenza tra un paesino di meno di 2000 abitanti e una grande metropoli? Perfetto, ti seguo, però aggiungo che è uno dei motivi per cui non tengo più voglia di vivere nella metropoli. Per farti un esempio nella metropoli non puoi salutare tutti quelli che incontri perché passeresti la giornata a dire buongiorno, nel piccolo paesino lo puoi fare, e dato che per me questa è una cosa importante ecco un altro motivo per cui preferisco stare a Cip.
Punto tre, gli amici. Lascia perdere Jepis, che la devo ancora inventare la parola per definire che cosa è lui per me, parliamo di Michele Croccia, il pizzaiolo contadino narratore del cuore mio. Oggi Jepis non stava a Cip e così è venuto a prendermi lui alla stazione di Policastro. Arrivati a Cip ci siamo fermati in pizzeria, ci siamo seduti, ho bevuto mezzo litro d’acqua metà liscia e metà frizzante, ci siamo raccontati un po’ di cose e a un certo punto gli ho detto che non avevo mangiato, che mezza giornata passata in ospedale a Napoli mi aveva tolto la fame. Si è alzato e dopo una decina di minuti se ne è tornato con il piatto che vedi nelle foto. Adesso lascia stare la Ciauredda, la Ciambotta, che di quella poi ti dico a parte, e lascia stare pure la pizza in teglia, che è un viaggio, quello che ti voglio dire è che in meno di un’ora la mia vita è cambiata completamente, l’uomo che è sceso a Policastro ti garantisco che era un uomo morto, l’uomo che si è mangiato la pizza di Michele e va ciauredda di Mimma era un uomo felice. Proprio così amico mio, come dalla notte al giorno. Pensa che mi sono concesso anche un pochetto di birra, che era dal compleanno di Cinzia a Maggio che non la bevevo.
E non finisce qui. Perché appena ho finito questo post vado da Carmine Torre mangio il suo gelato buonissimo e mi vedo la partita sperando che vinca la Danimarca, perché poi domani mattina, per colpa di una cosa che tengo da fare con Michele, facciamo la colazione salata, ma guarda un po’. Alla prossima, me ne vado all’Urmu.

cmcc2a

5 Luglio 2021
IL MESSAGGIO DI NIKI
Torna ai racconti

Cara Cip, c’è una canzone dei REM, Everybody hurts, che mi piace particolarmente, perché racconta, ci ricorda, che tutti abbiamo problemi, e ci invita a resistere anche se “sometimes everything is wrong”, “a volte tutto è sbagliato”, o almeno così ci sembra, insomma certe volte come oggi. Per fortuna a un certo punto mi è tornato in mente Niki, il figlio di Mario e Isabella, che qualche giorno fa, via chat, mi ha mandato un messaggio audio.
Come dici? Certo che lo hanno aiutato la mamma e il papà, Niki tiene 4 anni, però ti garantisco che il fatto di sentire la sua voce è stato assai bello e sorprendente, anche per Cinzia, che era seduta di fronte a me, anche lei appena lo ha sentito ha esclamato “ma è Niki” e ha sorriso.
Come dici? No, mon lo so come si scarica il messaggio dai social, e poi non serve, ti posso scrivere il testo, è breve:
“professore ciao, come stai, ti aspetto a Caselle, così mi racconti la storia de Il Piccolo Principe e poi giochiamo anche con i dinosauri.”
Sì, hai ragione, i miei amici di Cip mi viziano, non passa giorno che non si fanno sentire, naturalmente ho ringraziato Isabella e Mario, Niki lo ringrazio di persona quando torno. Te l’ho detto, Caselle è un posto particolare, prima o poi bisogna che ci vieni, così ti rendi conto di persona. Alla prossima.

niki1

19 Giugno 2021
ERNESTO E PASQUALE. PARTE SECONDA
Torna ai racconti

Cara Cip, come ti avevo preannunciato eccomi con la seconda parte della storia di Ernesto e Pasquale. Ho incontrato Ernesto e mi sono fatto raccontare un pezzetto della sua storia e della sua amicizia con Pasquale. Buona lettura.

“Sono Ernesto Rosso, ho 58 anni e sono di Casaletto Spartano.
Da 21 anni lavoro a Caselle come bidello e non mi voglio muovere da qui. Non mi voglio muovere per l’accoglienza che ho avuto da questa comunità e per i rapporti che ho con i ragazzi. Molti di loro è come se li avessi cresciuti, oggi sono genitori. È proprio così Vincenzo, oggi a scuola ci sono i figli dei ragazzi che ho incontrato quando sono arrivato, e io mi sento parte di questa comunità. Gran parte della mia giornata la passo qua. Secondo il mio ordine di servizio devo iniziare alle 8:00 ma alle 6:30 già sono qua per fare colazione al bar insieme a un gruppetto di amici.
Ho instaurato un bel rapporto di fiducia con le famiglie e la comunità e questo mi gratifica molto. Considero questa scuola la mia famiglia, il completamento della mia famiglia.
Prima di lavorare qui ho lavorato al Comune di Casaletto Spartano. Sono stato assunto come spazzino ma in realtà ho fatto anche il vigile, ho lavorato in ufficio, nei piccoli comuni funziona un po’ così.
Io sono diplomato, sono perito meccanico, e all’inizio ho avuto delle supplenze fuori, a Città di Castello, a Spoleto, ma non ho rinnovato le domande, sono molto legato alla mai terra. Avevo fatto la domanda anche nella Finanza, superai il concorso e mi chiamarono a Roma per fare le visite, ricordo che strappai la lettera senza dire niente ai miei genitori, lo feci per rimane nella mia terra, come ti dicevo sono molto legato a questo territorio.
Anche dopo che sono stato assunto qui ho avuto altre opportunità, era uscito pure un concorso per applicato di segreteria, ma non l’ho voluto fare, mi sarei dovuto spostare e non ho voluto farlo, non aveva senso.
Se mi trovo bene perché devo andarmene? Pensa che avevo la 104 di mia madre, però per continuare a usufruirne dovevo rimanere a Casaletto. In pratica o rifiutavo la 104 o dovevo chiedere il trasferimento, ho preferito rimanere a Caselle.
Pasquale mi ha colpito dal primo momento per i suoi ragionamenti e i suoi modi di fare, per il modo in cui espone i suoi pensieri, per i suoi atteggiamenti, sembra più grande dell’età che ha, per certi versi mi ricorda me quando avevo la sua età.
È un ragazzo affabile con tutti, ha una dolcezza unica, quest’anno ha fatto la seconda, ma già dalla prima quando arrivava a scuola aspettava gli altri bambini, cosa che non fanno tutti.
Mi saluta ogni giorno quando arriva e quando se ne va, quando non mi vede mi cerca per salutarmi, come ti dicevo a volte lo vedo come ero io, parlando con i genitori ho capito che il carattere di questo ragazzino lo ha maturato, lo ha forgiato.
Pure i genitori sono deliziosi, del resto non poteva essere diversamente, quando pianti una pianta se non trovi un terreno fertile è tutto più difficile. 
Quello che ciascuno di noi rappresenta si prende prima di tutto dalla famiglia, naturalmente poi c’è anche il carattere della persona, però le basi sono importanti, e le basi te le dà la famiglia.
Io sono nato nel 63, la mia famiglia economicamente era molto modesta, sia mamma che papà andavano a lavorare, mia sorella era parecchio più grande di me, io ero abbastanza autonomo e responsabile, mi preparavo la colazione da solo e tutto il resto. Ecco, con le dovute differenze, Pasquale sembra avere quella stessa capacità di autonomia, quello stesso carattere.
Pensa che una volta il padre mi ha telefonato per dirgli che il figlio gli aveva detto “papà, ma Ernesto è speciale, è come te, mi sembra un padre”. Vedi, io ogni volta che ci penso mi commuovo, per me una cosa così è bellissima, alla fine ognuno di noi spera di lasciare una piccola traccia, e il fatto di riuscirci, non solo con Pasquale, mi dà grande soddisfazione.
A volte faccio dei veri e propri sermoni, però mi vogliono bene, pensa che ieri una ragazza che doveva fare l’esame si è trovata in difficoltà con tutte le misure e il rispetto del protocollo che siamo tenuti a rispettare in questa fase e allora ha detto alla commissione “se per favore potete far venire Ernesto vicino a me”. Forse dipende andhe dal fatto che non sono un tipo da punizioni, non mi piace questa cosa di punire, però se penso che hanno sbagliato ci tengo a farglielo capire, naturalmente non mi riferisco alla didattica, che non è materia mia, non mi permetterei mai, mi riferisco alla vita, al rispetto, ai rapporti tra di loro e con noi che lavoriamo nella scuola a ogni livello.
Tornando a Pasquale, oltre all’intelligenza tipica dei ragazzini e delle ragazzine di questi tempi, tiene anche una sensibilità particolare, se per esempio tengo delle preoccupazioni se ne accorge, vedi che arriva e mi dice “Ernesto, ma che tieni stamattina”. Capisci bene che il fatto che un bambino della sua età venga a scuola e si accorga del mio umore o dei miei problemi è una caratteristica che colpisce.
Per quanto riguarda il nostro incontro da zi Filomena, era da un po’ di tempo che gli avevo promesso che saremmo andati a pranzo insieme e ieri finalmente lo abbiamo fatto, dopo di che tu ti sei messo a parlare con lui e io ti ho fatto vedere la fotografia. Pensa che ieri doveva andare al mercato con il padre, che è una cosa che gli piace tantissimo, Pasquale adora il padre, eppure non ci è andato per stare con me a pranzo. Sono piccole cose, però per me sono importanti.”

er1

17 Giugno 2021
ERNESTO E PASQUALE. PARTE PRIMA
Torna ai racconti

Cara Cip, questa storia è cominciata ieri, mentre ero, come quasi ogni giorno, a pranzo da Mario di Zi Filomena. A un certo punto entrano due uomini e un ragazzino, uno di loro dice a Isabella che è venuto a mangiare con Pasquale e il professore. Mangio la mia pasta e patate, la melanzana “mbuttunata” e gli zucchini e mi trasferisco al bar di Carmine, ‘U cardillu”, per il caffè.
Come ogni giorno, con il caffè apro il Mac e mi rimetto a lavorare, mi piace farlo per un’oretta all’Urmu, prima di tornare a casa. Passa mezzora e arrivano il mio uomo, Pasquale e il professore. Prendono due caffè e un gelato, poi il prof. si avvia e il mio uomo scherzando gli dice che può disporre di tutto il piano, può prendere anche i 100 euro che ha lasciato sotto la porta, e Pasquale senza perdere un attimo dice “i 100 euro è meglio se li prendo io”.

Dal mio tavolino sorrido, lo invito ad avvicinarsi e gli chiedo che cosa farebbe con i 100 euro.
“Ci comprerei dei giochi”.
“E li spenderesti tutti?”
“No, una parte la conserverei per comprare una macchina”.
“E perché vuoi comprare una macchina?”
“Perché mi piace guidare.”
“E come fai a mettere insieme i soldi per comprare una macchina?”
“Lavoro.”
“E che lavoro vuoi fare?”
“Il calciatore.”
“Va bene, il calciatore è il lavoro dei sogni, ma il lavoro che vuoi fare in attesa di fare il calciatore?”
“Il lavoro di papà.”
“E che lavoro fa tuo padre?”
“Vende delle cose.”
“E dove le prende le cose che vende?”
“Da un negozio molto grande.”
“E cosa vende?”
“Intimo. Calzini, canottiere, cose così.”
“Aspetta, ma se tuo padre vende intimo tu sei il figlio di Fortunato Laveglia.”
“Sì.”
“E ti piace il lavoro di tuo padre?”
“Tanto.”
“Ma lo sai che tuo nonno prima dell’intimo vendeva scarpe? E che è stato tuo padre che gli ha fatto cambiare settore?”
“Sì, lo so.”
“E non è che vuoi cambiare anche tu?”
“No, io non voglio cambiare, voglio vendere l’intimo, le canottiere, i calzini e tutto il resto.”
“Ma ogni tanto tuo padre ti porta con lui?
“Sì.”
“E vendi anche tu qualcosa?”
“Sì, vendo anche io.”
“E che dici per vendere?”
“Guardate i colori, verde, blu, nero, bianco, e poi la stoffa, e la comodità.”

Ecco cara Cip, è stato a questo punto che il mio uomo si è avvicinato e mi ha fatto vedere una foto, quella che vedi sotto, mi ha detto che si chiama Ernesto Rosso, che fa il bidello e che è amico di Pasquale, ma questa parte qui te la racconto domani, questa storia è troppo bella per finire in un giorno solo.

ep

13 Giugno 2021
LA TESINA E IL PANE DI CELESTE
Torna ai racconti

CIo: “Buongiorno, donna di Sicilì”.
Lei: “Buongiorno, uomo di Napoli”.
Ecco cara Cip, come sai Celeste Pellegrino lavora al Bar Pasticceria Sweet Point, praticamente di fianco alla Bottega di Jepis, e i nostri incontri quando è di turno la mattina comiciano proprio così.
Sono stato io a introdurre l’usanza quando ho scoperto la sua provenienza, per l’appunto Sicilì, frazione di Morigerati, che magari nell’Italia degli 8.000 comuni se potessero si separerebbero pure, se non fosse che anche tutti e due assieme superano di poco i 600 abitanti.
Celeste tiene 21 anni, un bel sorriso, è educata e gentile, così come le sue complici al banco e nel laboratorio, Angela e Arianna, però parla poco di sé, perciò sono stato contento quando qualche giorno fa ha raccontato della sua tesina per il diploma all’istituto alberghiero.
Il titolo era “I grani”, e Celeste non si è accontentata di pensare e di scrivere, si è messa a impastare a a fare, mi sono fatto mandare le foto, così tu capisci meglio e io non la faccio lunga.

Foto 1. La farina del Mulino Monte Frumentario Terra di Resilienza.

cpa

Foto 2. L’impasto

cpb

Foto 3. La lievitazione

cpc

Foto 4. La cottura

cpd

Foto 5. Il pane in tavola

cpe

Come dici amico Diario? Sì, certo, la tavola della foto è quella di Celeste ma la cosa bella è che la ragazza il giorno della tesi si è presentata a scuola con una panella di pane per ciascun componente della commissione, della serie “se uno fa la tesina sul grano non può scrivere solo, deve anche fare, far sentire gli odori e i sapori, far assaggiare”, almeno così dice Celeste.

Come dici? Non lo so se anche quelli che non sono di Caselle quando vengono a Caselle, o lavorano a Caselle o vivono a Caselle migliorano, magari si e magari no, io ti volevo raccontare solo un pezzettino di Celeste, che magari quando passi di qui ti fermi allo Sweet Point, ti mangi un pasticcino squisito, ti prendi un bel caffè e la conosci. E se lei non è di turno? Ti mangi un pasticcino squisito, ti prendi un bel caffè e conosci Angela o Arianna, va bene uguale, ci sarà tempo per conoscere Celeste.

Logo50_t

9 Giugno 2021
LE LETTURE DI MARIO E LA SAGACIA DI NICOLA
Torna ai racconti

Cara Cip, stamattina ero quasi arrivato all’Urmo quando ho incontrato Mario, il Barbiere de Giulio. Ci siamo salutati, io lento, lui con il fare frettoloso di certe mattine.
“Prof., se vi fa piacere vi offro un caffè, lo prendiamo qui da Pedro Loguercio, ho la macchina nel parcheggio”.
Siamo andati al Roxi Bar, e mentre gustavamo l’ottimo caffè ha cominciato a parlarmi del libro che sta leggendo, Vedute sul mondo reale di Gurdjieff, del quale devo aver letto un po’ di anni fa Incontri con uomini straordinari, ma bisogna che ci ritorni su, perché non mi ricordo molto.
Usciti dal bar, mentre eravamo diretti io in bottega e lui all’auto, Mario mi ha detto che qualche sera fa ha visto un pezzettino della parte finale di Interstellar.
Cosa c’entra Interstellar con Gurdjieff? Niente, me l’ha detto perché qualche tempo fa gli ho regalato Viaggiare nello spaziotempo. La scienza di Interstellar di Kip Thorne, e insomma ha voluto dirmi che prima o poi ci torneremo su.
Eravamo quasi sul punto di salutarci quando ci siamo sentiti chiamare; ci siamo girati e a pochi passi da noi c’era Nicola Calabrò, ragazzo (in realtà uomo, ma ormai per me sono quasi tutti ragazzi) con la risposta pronta come pochi, prima di lui ricordo il mio maestro Luigi Santoro. Mentre veniva verso di noi gli ho chiesto se per caso conosceva Debora Calabrò, della quale di buon mattina avevo pubblicato la storia.
Vuoi sapere cosa mi ha risposto? Una cosa tipo “mai sentita nominare, sono persone che non frequento”, che per fortuna il buon Mario mi ha sorriso e mi ha detto “prof. è la sorella”, dopo di che dove ho mandato Nicola non te lo dico, ma sono certo che lo immagini.
Ancora due passi e siamo arrivati alla macchina. Stavamo per salutarci quando Nicola fa “Cumpà, aspetta che faccio un servizio in posta e poi mi paghi il caffè”. Mario, che come ti ho detto all’inizio andava anche di fretta, gli dice che non lo prende, che lo appena fatto con me, “mò mo, mò mo”, e poi che deve andare, quando Nicola senza battere ciglio gli fa “Cumpà, ti ho detto che lo devi pagare, non che te lo devi bere”.
Come dici amico Diario? Cosa ha fatto Mario? Si è messo a ridere di gusto e mi ha spiegato che Nicola aveva ragione, che il suo ragionamento non faceva una grinza. Nicola invece mi ha detto “prof. ma uno può tenere un compare così? Lui è il mio compare di matrimonio, ma secondo te lo posso cambiare?” Gli ho risposto che penso di no, li ho salutati e me ne sono salito verso la bottega pensando che sono veramente un uomo fortunato.
Come dici? Solo a Cip? Non ci riprovare, ti ho detto già che solo a Cip non sta bene, sembra che vogliamo fare i primi della classe. Però tieni ragione tu, solo a Cip. Capisci perché sto così bene qui?

bdg1

7 Giugno 2021
TANTI AUGURI ISABELLA
Torna ai racconti

Cara Cip, tra le conseguenze positive che hanno i social nella mia vita c’è il fatto che mi ricordano i compleanni delle persone a cui voglio bene, amiche, amici e parenti. Come dici? Lo so che non capita solo a me di scordarmene, è che io ci aggiungo il carico, cambio le date, per esempio mio figlio Luca è nato il 16 Febbraio e io penso ogni volta il 18, mia sorella Nunzia il 3 Giugno e io mi fisso con il 7, se non ci fossero i social, e santa Cinzia, sarei perso.
Oggi è il compleanno della mia amica Isabella Carro e voglio approfittarne per raccontarti la sua gentilezza. No no, questa cosa che dietro a un grande uomo ci sta sempre una grande donna sa di passato, alla fine tende sempre a mettere in primo piano l’uomo, invece è tempo che la grandezza delle donne brilli di luce propria, anche qui a Cip, che magari se fa qualche passettino avanti anche in questo campo non fa male.
Tornando alla gentilezza di Isabella, lo vedi già da come ti saluta e ti invita a sedere, vale per Michele, vale per Antonio e vale per me, che siamo i commensali di ogni giorno, gli habitué. L’avesse conosciuta mio padre mi avrebbe detto “Isabella è una signora”, signora nel senso che diceva lui, che pensava all’essere e non all’avere, alla persona e non ai soldi. 
Insieme alla gentilezza c’è il suo lavoro ben fatto, la cura e l’attenzione che mette in quello che fa, sia nel rapporto con i clienti che in quello con i figli, Laura, Andrea e Niki.
Sì, si, amico Diario, pure io me la sono cavata, sia nel lavoro che con i figli, però una cosa alla volta, tutte e due assieme non mi veniva bene, ancora adesso non mi viene bene, quando lavoro sono un poco asociale mentre Isabella no, lei per i figli c’è sempre e pure per il lavoro, per questo la ammiro, e per questo ho deciso di raccontartela.

27 Dicembre 2022
ALTRI RACCONTI CASELLESI
Torna ai racconti

I fiuri di Ramona, 25/11/22
Questa di Maria Grazia è la storia vera, 25/08/22
Il signor Giovanni, 11/06/22
Alfonso, la ‘mbosta, la bufala, l’arruvutata e il sushi, 11/03/22
Il sogno e la medicina di Caterina, 16/11/21
Pasquale Torre. Al di là del genere, 27/10/21
Il sogno di Felice, 03/09/2021
Ohana. Lettere a mio figlio, 03/03/21
Sei mesi a Cip, 10/12/20
Storie dal futuro, il mio tempo, Cip 2035, 22/11/20
Claudia, Floopaloo, le foglie e il bosco, 03/11/20
Il racconto di Letizia. E di nonno Nicola, 06/10/20
Il filo di Stella, 30/07/20
Monte Frumentario, 01/07/20
‘O piatto a tavola, 17/06/20
Nicola, lo stagnino che non si ferma mai, 30/08/19
Mario, la chiamata e il ristorante Zi Filomena, 21/08/19
La serie del grano, 24/07/19
Acqua, farina e parole, 19/07/19
Michele, il verme e Sofia, 27/06/19
Nonna Teresa, 14/09/18
Il Barbiere De Giulio, 01/09/18
Reto. I sogni e il rap di Federico, 03/08/18
Criscimu. Camp e Palio del Grano 2018, 02/07/18
Antonio, il Sud, la resilienza e l’impresa, 04/05/18
La Terra Mancina di Michele Esposito, 03/04/18
I racconti del grano, 06/03/18
Jepis, la maestra Bruna e la rosa nel seme, 07/01/18
Elisa, ‘u canniddu e il Palio del Grano, 15/07/17
Una storia buona come il pane, 09/07/17
I Fiscina, Patrizio Dolci e la comunità di Caselle, 20/07/16
Antonio, le gomme masticanti e Terra di Resilienza, 16/07/16
Michele, il coltello e il sorriso, 16/10/15
La compagnia del Grano, 18/07/15
I sandali di Mastro Domenico e la visione di Luca, 30/03/15
Palio e Camp di Grano, 23/07/14
Metti Jepis in un Camp di Grano, 17/06/14

INDICE DEI RACCONTI
23. Grazia e Francesco
22. Sotto la neve c’è il pane, sotto l’acqua la fame
21. Il valore del lavoro. E dei soldi
20. Ciao Bruno
19. L’ultimo dell’anno a Caselle
18. ABCip
17. Cip Run
16. La genovese di Mario
15. Ma che musica maestro
14. Buon Natale cara Cip, e …
13. Cacetta
12. Ddoje buste
11. Giovani Dentro, Una Ricerca per Riabitare l’Italia
10. Il meloncino di Annalena
9. Il riso di Natsuki e il motozappa di Dino
8. Le buone maniere di Gabriel e la pizza di Alfonso
7. Come dalla notte al giorno
6. Il messaggio di Niki
5. Ernesto e Pasquale. Parte Seconda
4. Ernesto e Pasquale. Parte Prima
3. La tesina e il pane di Celeste
2. Le letture di Mario e la sagacia di Nicola
1. Tanti auguri Isabella

STORIE DISORDINATE
ALTRI RACCONTI